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    Mfe-Mediaset, utile su a 217 milioni. “Un anno da incorniciare”

    Nel 2023 Mfe-Mediaset ha registrato un utile netto di 217,5 milioni, in crescita del 17,7% rispetto ai 184,7 milioni del 2022, escludendo l’impatto contabile derivante nei due esercizi dalla partecipazione in Prosiebensat1 (29,9%). Si tratta di alcuni dati approvati ieri dal cda del gruppo di Cologno Monzese, mentre i risultati completi sull’esercizio terminato il 31 dicembre scorso saranno diffusi oggi prima dell’apertura della Borsa. In particolare, per la determinazione dell’utile netto è stato escluso dal risultato netto di competenza del gruppo nei due esercizi 2022-2023 il contributo generato dalla partecipazione di ProsiebenSat1 (dividendi incassati e risultato netto pro-quota della partecipata). «I risultati economici dell’esercizio 2023 del gruppo sono nettamente superiori alle stime aziendali di inizio anno», si legge in una nota della società. Nel primo trimestre del 2024, inoltre, i ricavi pubblicitari in Italia e Spagna sono in aumento del 6 per cento.«La nostra holding ha chiuso un anno davvero da incorniciare. Abbiamo fatto tutto ciò che un’azienda quotata in Borsa può e deve fare», ha detto il ceo di Mfe, Pier Silvio Berlusconi, nel corso di un’intervista trasmessa ieri dal Tg5. «Abbiamo investito sullo sviluppo consolidando la nostra televisione spagnola, crescendo nella partecipazione in Germania e abbiamo remunerato tutti gli azionisti, in più senza aumentare in modo significativo il nostro debito. Quindi davvero bene», ha aggiunto. LEGGI TUTTO

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    Consob, nebbia fitta su Tim: “Indagine troppo complessa”

    Sono passati 40 giorni da quando il titolo di Tim è crollato del 24% in un solo giorno e la Consob ancora brancola nel buio. Lo ha ammesso con candore il suo presidente Paolo Savona che ieri a margine della relazione annuale Antitrust ha promesso che l’athority ne verrà a capo, ma «il problema è complesso».Nonostante la storia sia costellata di guerre combattute in minor tempo, ancora non si ha l’idea di chi e perchè ha scatenato una delle ondate speculative più potenti che si siano viste in Piazza Affari. «Dobbiamo raccogliere tutte le informazioni e c’è di mezzo anche l’estero, perchè dall’estero sono arrivate le prime vendite», ma non è più di quanto da settimane sostiene Il Giornale.Del resto, come ha denunciato il Financial Times, il miliardo di titoli presi a prestito (di cui una parte consistente per scommetere contro Tim) avrebbe dovuto far sentire puzza di bruciato lontano un chilometro. «Ci dovrebbe essere una rete informativa europea», si è giustificato Savona, facendo riferimento alle procedure necessarie per avere informazioni dalle autorità attive sui mercati esteri. Nel frattempo, però, «tutto ciò che abbiamo potuto fare per calmare le acque e informare il mercato lo abbiamo fatto». Mentre Savona manda la palla in tribuna, però, il titolo non riesce a rialzare la testa dal pozzo in cui è finito (un misero +2,2% in un mese, con il titolo fermo a 22 cent).Quindi l’emergenza è tutt’altro che rientrata. Nel frattempo, è arrivata una sentenza favorevole con lo Stato che deve restituire 1 miliardo a Tim, il Financial Times ha sottolineato come la cessione della rete sia l’unico modo per tutelare gli azionisti da ulteriori perdite, diversi analisti hanno dato ragione al piano del ceo Pietro Labriola. Compresi i proxy Iss e Glass Lewis che hanno invitato a votare per la sua lista all’assemblea dei soci del 23 aprile. Perfino il fondo hedge Qube Research & Technologies ha chiuso la posizione ribassista. LEGGI TUTTO

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    Torna l’ottimismo in Confindustria

    Abituata di solito ad agire per sottrazione quando c’è di mezzo l’Italia, stavolta Confindustria strizza l’occhio al governo con cui par condividere le previsioni sulla crescita economica, collocata quest’anno allo 0,9% rispetto all’1% prospettato dal Dpef, mentre la Banca d’Italia si ferma sulla soglio dello 0,6%. Lo fa basandosi su due fattori potenzialmente virtuosi: il taglio dei tassi da parte della Bce e l’attuazione del Pnrr.Sulla possibilità di un ritardo nell’alleggerimento del costo del denaro, la cui parabola ascensionale è stata dal luglio del 2022 in poi una palla al piede sempre più pesante per le imprese, il Centro studi di viale dell’Astronomia esprime un minimo di cautela indotto dall’amplificarsi delle tensioni geo-politiche e, probabilmente, dall’inaspettata ascesa dell’inflazione negli Usa. Un colpo di coda che costringerà la Fed a rimandare forse fino a dicembre il cambio di rotta della politica monetaria. Se avverrà il “disaccoppiamento” fra le due banche centrali, i benefici derivanti da un euro più debole si riverbereranno sulle nostre esportazioni. Rispetto a elementi esogeni su cui l’Italia non può esercitare alcun controllo, è solo nelle mani di Roma la gestione efficiente e tempestiva delle risorse messe a disposizione con il Next Generation Ue.Un’occasione da non gettare alle ortiche, pena ripercussioni congiunturali nel lungo periodo. L’associazione, per la cui guida è da pochi giorni stato designato Emanuele Orsini, che prenderà il posto di Carlo Bonomi (foto), contabilizza in 100 miliardi di euro i fondi da destinare a investimenti e risorse fra il 2024 e il 2025; e, seppur non fornendo cifre, ritiene che la spinta al Pil di una piena attuazione del Piano sarà molto forte e determinante per tenere alta la crescita.Di contro, a remare contro un irrobustimento dello sviluppo concorrono le bollette elettriche pagate dalle imprese, ben più salate che in altri Paesi, e soprattutto quella cambiale in bianco che resta il Superbonus, destinato a pesare sui conti dello Stato, così come le nuove regole del Patto di stabilità.Confindustria stima che il debito pubblico salirà al 139,1% del Pil nel 2024, 1,8 punti di Pil in più rispetto al 2023, e si arrampicherà di altri due punti nel 2025. In questo caso, c’è uno scarto con gli scenari governativi (137,8% del Pil quest’anno e 138,9% il prossimo).Resta il fatto che quando si approccia l’evoluzione del debito si entra in un campo minato, essendo le variabili in gioco non sempre calcolabili. A oggi, giusto per fare un esempio, è impossibile stabilire la minor spesa per interessi che deriverà dal taglio (o dai tagli) dei tassi della Bce, vista l’assenza di una traiettoria chiara e prestabilita. LEGGI TUTTO

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    Un salasso per gli italiani: quanto ci costano le pratiche commerciali aggressive 

    Pratiche commerciali aggressive per convincere i consumatori ad accettare modifiche unilaterali che peggiorano i prezzi dell’energia elettrica e del gas. In totale sono stati causati danni “prudenzialmente stimati”, riferisce l’attività, per oltre un miliardo di euro a 4,5 milioni di famiglie e piccole imprese. I dati sono contenuti nella relazione annuale sull’attività svolta dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che nel 2023 ha concluso 11 istruttorie con contestazioni in quel settore. Ecco tutti gli aggiornamenti.Le pratiche commerciali aggressiveSulla questione il presidente dell’Antitrust Roberto Rustichelli, ha presentato il documento dedicato alla Camera e ha specificato che i procedimenti chiusi con impegni hanno permesso il ripristino delle condizioni iniziali di contratto a favore di 500mila consumatori ai quali sono stati restituiti più di 115 milioni di euro. Rustichelli ha sottolineato: “I procedimenti chiusi con impegno hanno consentito il ripristino delle condizioni iniziali di contratto a favore di 500mila consumatori ai quali sono stati restituiti oltre 115 milioni di euro”.Le segnalazioniDurante il periodo gennaio 2023-marzo 2024, l’Autorità ha ricevuto 1.271 segnalazioni in materia di concorrenza, e ha analizzato 99 operazioni di concentrazione di cui 6 sottosoglia. Inoltre l’Antitrust ha terminato 8 procedimenti in materia di intese, 6 in materia di abusi di posizione dominante e 1 in materia di abuso di dipendenza economica. Nel periodo gennaio 2023-marzo 2024, l’Autorità ha analizzato 34.595 segnalazioni, concludendo 102 procedimenti, di cui 40 con accertamento dell’infrazione e 48 con accoglimento degli impegni.L’importanza del mercato unicoIl presidente dell’Antitrust ha poi sottolineato l’importanza del mercato unico come principale motore di crescita, produttività e competitività nell’economia europea. Tuttavia, ha osservato che questa tipologia di mercato resta incompleta e soggetta a crescenti rischi di frammentazione, diventando così una priorità nella nuova legislatura europea. Uno dei problemi principali riguarda l’allentamento della disciplina sugli aiuti di Stato deciso a livello europeo nel marzo 2023 con il “Quadro temporaneo di crisi e transizione”, che consente ai Paesi membri di eguagliare i sussidi offerti da Stati esterni all’UE per attrarre imprese sul territorio europeo. Inoltre una forte preoccupazione è connessa all’uso sempre più frequente dei poteri speciali per proteggere gli interessi strategici nazionali, che può distorcere la concorrenza economica basata su criteri estranei al mercato. LEGGI TUTTO

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    In edicola arriva “Eco”, la rivista economica di Mentana e Boeri

    Dare risposte alla sempre crescente richiesta di informazione economica e farlo con un linguaggio semplice e accessibile a tutti: è questo l’obiettivo del nuovo mensile “Eco”, edito da Enrico Mentana e diretto da Tito Boeri. Il primo numero della rivista economica è già in edicola. “L’idea è quella di affidare a una figura che sta dentro all’accademia, alla capacità di insegnare economia nella più autorevole università economica d’Italia. E la possibilità di fare questo discorso con una platea più allargata e ne è nato un prodotto di cui siamo orgogliosi”, ha dichiatato Enrico Mentana in conferenza stampa, parlando della sua nuova creatura editoriale.Nel lungo editoriale inserito nel primo numero, Boeri traccia quelli che sono gli obiettivi del mensile e, precisa, “non troverete su queste pagine consigli per gli acquisti in borsa”. Quel che cercherà di fare “Eco”, spiega il professore, è offrire “strumenti per meglio capire l’intricato mondo della finanza. Ci occuperemo poi di lavoro, di prezzi, di casa, di salute, di tasse, di distribuzione del reddito, stato sociale, innovazione, immigrazione e coesione sociale e di tanti altri temi rilevanti nel quotidiano per la stragrande maggioranza degli italiani”. Il mensile sarà una casa plurale, con diverse opinioni che troveranno spazio tra le sue pagine ma, precisa, “ci sono alcuni principi che guideranno le nostre scelte editoriali. Il primo è quello di valutare le politiche pubbliche a partire dai dati. In Italia i numeri vengono usati ancora troppo poco nel guidare la politica economica”.Nel nostro Paese, prosegue, “si prendono decisioni ‘a intuito’, sulla base di ragionamenti privi di riscontri oggettivi. E non si capitalizza l’esperienza di politiche varate in precedenza. Questo va a scapito delle decisioni che si prendono. Non si impara dai successi e ancor meno dagli errori”. Questa è la ragione per la quale su “Eco”, dice Boeri, “troverete tanti numeri, molte figure e tabelle corredate da spiegazioni dettagliate su come i dati sono stati raccolti e analizzati”. Il secondo principio che guida il mensile, invece, “è che i dati non si fanno intimidire. C’è una pericolosa abitudine nel confronto pubblico, soprattutto in Italia. Quando le statistiche dicono cose diverse dal messaggio che si intende trasmettere, non si cerca di capirne le ragioni”. LEGGI TUTTO

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    I tre pilastri di SuperMario: favorire la nascita di colossi, investire su difesa e reti e qualificare i lavori

    Il programma di politica economica di Mario Draghi è molto semplice, ma non per questo meno rivoluzionario. Le anticipazioni del suo report sulla competitività, atteso a giugno, distillate ieri a La Hulpe, rovesciano infatti il concetto europeo di competitività, finora inteso come guerra di tutti contro tutti e fondato sulla «riduzione dei costi salariali» e su «politiche fiscali procicliche (cioè che accentuano le recessioni quando si verificano; ndr)» che ha indebolito domanda interna e coesione sociale. Un attacco ai signori dell’austerity che finora hanno governato Bruxelles.Le sue parole devono tuttavia essere legate al rapporto sul futuro del mercato unico che l’ex premier Enrico Letta presenterà domani alla riunione plenaria della Commissione Ue. Se l’ex numero uno della Bce ha accennato alle strategie che l’Europa dovrebbe darsi per non soccombere dinanzi a Usa e Cina, Letta proporrà come finanziare quegli obiettivi. Fondamentalmente, il framework draghiano sul recupero di competitività si basa su un assunto politico e su tre capisaldi economici. L’assioma è che «il ripristino della competitività ci impone di agire come Unione europea», ossia come un Paese solo, come fanno Usa e Cina. Se non si raggiunge l’unanimità su un dossier, è meglio che prevalgano procedure più snelle come la «cooperazione rafforzata», ossia l’intesa tra i soli Paesi che condividono un obiettivo con la libertà per gli altri di aderire successivamente. Da questo principio discendono i tre pilastri, che poi saranno approfonditi a giugno. Il primo è «favorire le economie di scala», cioè bisogna creare realtà europee di grandi dimensioni in settori strategici come tlc, difesa e anche l’energia. L’opposto di quanto fatto dal commissario Antitrust, Margrethe Vestager, che ha messo i bastoni tra le ruote a numerose concentrazioni, fermamente convinta per dirla con Draghi – che «noi stessi siamo i concorrenti».Il secondo pilastro è «la fornitura di beni pubblici, investimenti di cui tutti beneficiamo ma che nessuno può sostenere da solo». Se vogliamo la sicurezza che ci garantisce solo la difesa, allora è l’Ue che deve spendere e non i singoli Paesi con spazi di bilancio perché gli altri, fermati dalle regole del Patto, impediranno il raggiungimento dell’obiettivo. Idem per la transizione digitale e green. Questi investimenti dovranno essere sostenuti dal settore privato con la creazione di un «mercato unico dei capitali» che finanzi la crescita e non lasci il denaro a dormire nei depositi bancari. Il report di Letta, a questo proposito, propone di convogliare il sistema degli aiuti di Stato dei singoli Paesi ak finanziamenti degli investimenti paneuropei. Non a caso Letta chiede anche l’unificazione del mercato finanziario, dell’energia, delle tlc e una maggiore attenzione ai trasporti. LEGGI TUTTO

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    Successione, le nuove regole sull’eredità: cosa cambia nel 2024

    Non si vorrebbe mai parlarne, almeno per scaramanzia, ma si deve. Il tema della successione ereditaria è stato riproposto all’attenzione per le annunciate novità del decreto legislativo collegato alla riforma fiscale. Il governo punta a semplificare tutta la corposa normativa che riguarda le successioni e i moltissimi adempimenti previsti attualmente. In materia di dichiarazione di successione è previsto che il contribuente possa calcolare in autonomia l’imposta da versare così come già previsto per altre imposte indirette: ipotecarie, catastali, imposta di bollo e tasse ipotecarie. L’Agenzia delle entrate potrà notificare un avviso di liquidazione entro due anni, qualora emergesse una maggiore imposta da versare.Il percorso di semplificazione su questa materia delicata era già stato avviato. Qualche novità di procedura successoria era stata introdotta a partire dal 9 gennaio di quest’anno, quando sono entrate in vigore nuove regole sulla dichiarazione di successione. Il nuovo modello e le relative istruzioni sono già online, per trasmettere la dichiarazione di successione.Per quanto riguarda le novità del decreto legislativo annunciato dal governo sulla successione – si legge in una bozza del decreto – “la dichiarazione è presentata con le modalità telematiche stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate. Per i soggetti non residenti, la dichiarazione può essere spedita mediante raccomandata o altro mezzo equivalente dal quale risulterà con certezza la data di spedizione”.Anche per la successione si arriva a una sorta di precompilata. Si dirà inoltre addio all’imposta di bollo, a quelle ipotecaria e catastale, ai tributi speciali catastali e alle tasse ipotecarie: saranno sostituite da un tributo unico, «eventualmente in misura fissa», come ha spiegato il Mef. Per facilitare le modalità di pagamento dei tributi ed efficiente i sistemi di riscossione, viene inoltre previsto l’utilizzo dei mezzi elettronici di pagamento.Il decreto punta a eliminare le richieste di tanti dati. Ad esempio, vengono eliminati gli estratti catastali relativi agli immobili e il certificato dei pubblici registri con l’indicazione degli elementi di individuazione delle navi e degli aeromobili.Tre tipi di successioneSi tratta di materia complessa e spesso relegata alle attenzioni dell’ultimo inevitabile momento. È bene rammentare che esistono tre fondamentali tipi di successione:la successione testamentaria, in cui il testatore nel dettare le sue ultime volontà designa i suoi eredi e decide a chi e in quali proporzioni lasciare i suoi beni;la successione legittima: quando manca il testamento (oppure c’è ma non dispone dell’intero patrimonio ereditario), le proporzioni spettanti a ciascun erede sono stabilite direttamente dalla legge, in base al grado di parentela con il defunto;la successione necessaria, che riserva determinate porzioni di eredità (non tutta) ad alcuni parenti più prossimi, chiamati eredi legittimari.La normativa italiana non consente al testatore di disporre sempre di tutto il patrimonio. Anche in presenza di una successione testamentaria – quindi con le volontà espresse e definite dal “de cuius” – esiste sempre una quota attribuita agli eredi “legittimi”, la cui pretesa limita la cosiddetta “quota disponibile”.Eredi legittimi e quoteLa porzione “libera” nel testamento, ossia la quota disponibile che il testatore può lasciare a chi desidera, viene calcolata come differenza percentuale sulla quota di legittima, sottraendo da 100 (la totalità del patrimonio) le relative frazioni spettanti ai vari legittimari. Perciò il suo ammontare può variare considerevolmente in base alla composizione del nucleo familiare degli eredi legittimari: un uomo sposato ma senza figli potrà dare a chi vuole fino alla metà del suo patrimonio, ma se ha figli la quota di cui può disporre liberamente si riduce ad un terzo, se c’è un figlio solo, e ad appena un quarto se ce ne sono due o più.Chi sono gli eredi legittimi? Il coniuge, i discendenti (i figli e successivamente i loro figli, quindi nipoti del “de cuius”), gli ascendenti (genitori e nonni), gli altri parenti fino al 6° grado compreso, ma la presenza di parenti più prossimi esclude quelli di grado più lontano. Ma tra gli eredi legittimi è previsto un “ordine successorio” definito dalla legge. Esistono tre “ordini successori” previsti dalla legge, ognuno dei quali esclude il seguente:Il coniuge e i discendenti,gli ascendenti compresi fratelli e sorelle,gli altri parenti fino al sesto gradoIn mancanza di tutti, l’eredità va allo Stato LEGGI TUTTO

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    Italia bocciata all’esame d’impresa e ora calano anche le nuove realtà

    L’Italia non è un Paese semplice per fare impresa. Un primato negativo che è stato certificato anche quest’anno dal rapporto Global Entrepreneurship Monitor (Gem) Italia 2023-24. Il report, intitolato Un paese che osa? L’imprenditorialità come risorsa per l’Italia e realizzato con più di 100mila interviste in tutto il mondo, è stato presentato ieri alla Sala Longhi di Unioncamere da Universitas Mercatorum, l’Università delle Camere di Commercio Italiane del Gruppo Multiversity, e mostra per la prima volta dal 2019 un’inversione di tendenza.Il rapporto Gem dichiara il rettore Giovanni Cannata è stato realizzato da Universitas Mercatorum che ha deciso di dare il proprio contributo scientifico e sociale supportando interamente l’indagine nazionale che ha consentito di approfondire i fattori che incentivano e quelli che ostacolano la formazione di nuove imprese nel nostro Paese, tema che sta a cuore alla nostra università».Nel ranking globale, l’Italia si posiziona 36esima su 46 nazioni esaminate per la propensione imprenditoriale, con un evidente gap di genere. Il rapporto tra donne che si attivano imprenditorialmente e uomini è pari al 40%, nel caso di imprese già avviate, mentre sale al 60% all’avvio di un’attività. LEGGI TUTTO