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    Cinque consigli per la “pensione di scorta” | La guida

    Sono soltanto poco più di 700mila i giovani lavoratori under 35 che hanno aderito a un fondo pensione contrattuale. Il 18% del totale degli iscritti ai fondi chiusi. Pochi. Troppo pochi. Sono numeri emersi nel corso dell’assemblea annuale di Assofondipensione, l’associazione che raccoglie i 32 fondi pensione riservati ai lavoratori dipendenti contrattualizzati. In verità la percentuale non cambia di molto se si guarda al totale dei fondi pensione (aperti o Pip): gli under 35 diventano circa 1,6 milioni.Giovani e pensione: sembra un ossimoro, ma se non si pensa alla pensione fin da quando si è giovani si rischiano brutte sorprese. I giovani di oggi – stante la legislazione attuale – andranno in pensione a quasi 74 anni. Lo mette nero su bianco la ricerca ’Situazione contributiva e futuro pensionistico dei giovani’, realizzata dal Consiglio nazionale dei giovani assieme a Eures. Con quanti soldi? Queste le proiezioni originali sul valore delle pensioni atteso nei prossimi decenni per i lavoratori dipendenti che oggi hanno meno di 35 anni: se la permanenza si protraesse infatti fino al 2057, determinando così un ritiro quasi a 74 anni (73,6), l’importo dell’assegno pensionistico ammonterebbe a 1.577 euro lordi mensili (1.099 al netto dell’Irpef), valore che equivale a 3,1 volte l’importo dell’assegno sociale.Le strade per la pensione migliorePoco. Troppo poco. Ma che cosa devono fare e sapere i giovani per avvicinarsi al tema della previdenza complementare? Ci sono almeno cinque temi che li riguardano, ma che non dipendono solo dalla loro volontà.Campagna informativa sulla necessità di una pensione di scorta. Bisogna spiegare bene, nei modi adeguati (più sui social e meno a scuola?) l’urgenza del problema. Guardare al futuro non è un esercizio abituale per i giovani, ma bisogna far guardare un po’ più lontano.Educazione finanziaria per scegliere il comparto migliore: una volta suggerita l’adesione a un fondo pensione, bisogna rimuovere qualche vecchia cattiva conoscenza. Non c’è rendimento senza rischio, ma sul lungo periodo val la pena rischiare un po’ di più. Un giovane che aderisca a un fondo pensione non deve scegliere un profilo di rischio troppo basso, forse gli conviene puntare sul comparto azionario. Ne avrà quasi certamente un vantaggio sul lungo periodo.Nuova finestra temporale per aderire ai fondi con silenzio-assenso. Il momento della decisione, cioè dell’adesione al fondo pensione, dopo l’informazione e la conoscenza, ha bisogno di una spinta in più. Per questo c’è chi suggerisce di favorire l’adesione con silenzio-assenso. Cioè all’atto dell’assunzione del nuovo lavoro, il giovane deve trovarsi iscritto di “default” al fondo pensione di categoria. Si può sempre cancellare, ma l’onere della scelta è al contrario.Bonus fiscale. La presidente (facente funzione) di Covip, Francesca Balzani, ha suggerito un beneficio fiscale dedicato ai giovani lavoratori (under 35) per aiutarli a decidere l’adesione al fondo pensione. Non mancano incentivi e bonus per i giovani (che prendono un mutuo, che comprano libri, che cercano lavoro): un bonus per aderire a un fondo pensione è una proposta che si rivolge al decisore pubblico.Riscatto della laurea. Per preparare il proprio destino previdenziale occorre versare contributi al più presto, anche prima del lavoro. In questo caso non si tratta di favorire la previdenza complementare, ma di costruire il primo pilastro. Ma certamente il futuro pensionistico dipende anche dalle opportunità che si possono cogliere per aprire una posizione contributiva. E il riscatto della laurea è una strada da suggerire.L’inverno demograficoIn questo orizzonte – tra giovani e pensione – c’è l’emergenza demografia. Il Centro italiano di statistica ha lanciato l’allarme: la popolazione totale ha continuato a diminuire nel corso degli anni, e il numero degli over 65 ha superato il numero di chi ha meno di 25 anni. “Il Paese dovrà stanziare sempre più risorse per sostenere gli anziani – ha affermato il presidente di Assofondipensione Giovanni Maggi – e in cambio avrà meno risorse da investire nel miglioramento della produttività, nella crescita dell’occupazione e nello sviluppo. In questo modo, cresce la spesa pubblica per pensioni, cure e assistenza per gli over 65 è in crescita, mentre diminuisce la componente demografica che genera ricchezza, sviluppo e innovazione e rende sostenibile il sistema di welfare. Pertanto, è necessario un impegno concreto alla realizzazione di politiche efficaci e rafforzate nel tempo per il sostegno alla famiglia e per il mercato del lavoro che consenta di finanziare e far funzionare il sistema di welfare pubblico e privato e di rafforzare l’infrastruttura sociale”. LEGGI TUTTO

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    Enel, accordo raggiunto con i sindacati: fino a 2mila ingressi in 3 anni

    Nuovi ingressi tra il 2024 e il 2026 e un percorso condiviso sulla rete: sono questi i pilastri su cui poggia l’intesa raggiunta tra Enel e le organizzazioni sindacali elettriche Filctem Cgil, Flaei-Cisl e Uiltec. L’azienda e i sindacati sono riusciti a trovare un accordo che nei fatti permetterà non solo di superare la vertenza avviata nei mesi scorsi, ma anche di individuare una strada unitaria puntando in particolar modo sulle reti e sulla transizione energetica. L’8 marzo scorso – dopo il fallimento di numerosi tentativi di dialogo – si è tenuto lo sciopero nazionale del settore elettrico per ribadire la contrarietà dei lavoratori al piano di sviluppo industriale presentato dal nuovo management, da poco nominato alla guida del gruppo.La volontà è quella di fare sponda per dare seguito al processo di valorizzazione degli asset strategici come ad esempio la rete di distribuzione italiana, fondamentale nell’ottica della transizione energetica e – non a caso – al centro del Piano Industriale con investimenti per 12,2 miliardi. Quanto al sostegno dell’implementazione del Piano Strategico, Enel e le organizzazioni sindacali hanno concordato fino a 2mila nuovi ingressi nell’ambito della rete negli anni 2024-2026. Il tutto muovendosi su un terreno comune e seguendo una linea di principio: “La continuità geografica della rete elettrica e l’esperienza del Gruppo Enel e delle sue persone nella gestione di una infrastruttura così cruciale e complessa rappresentano elementi da valorizzare e preservare a beneficio del Paese, dei cittadini e delle imprese”.La convergenza conferma l’attuale organizzazione delle attività e allo stesso tempo dà il via a un approfondimento tecnico sui nuovi modelli operativi. L’obiettivo è quello di individuare le migliori soluzioni per quanto riguarda la flessibilità, l’efficienza e la sicurezza sui luoghi di lavoro. “Il confronto tra le parti ha portato a soluzioni condivise che contribuiranno alla crescita economica del territorio e allo sviluppo del sistema Paese, favorendo l’elettrificazione dei consumi”, viene spiegato nella nota diffusa. LEGGI TUTTO

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    Generali fa festa solo a metà. Schiaffo Delfin-Caltagirone

    L’assemblea 2025 di Generali, con all’ordine del giorno il rinnovo del cda, sarà il vero appuntamento decisivo per il futuro del Leone in quanto testerà le nuove previsioni del ddl Capitali che garantisce alle minoranze una più congrua rappresentanza. Questo è il motivo per il quale ieri né Delfin, la holding degli eredi di Leonardo Del Vecchio titolare del 9,9%, né il gruppo Caltagirone con il suo 6,19% hanno disertato l’assise di Trieste convocata per approvare il bilancio 2023. Evidente l’intento polemico nei confronti dell’attuale management guidato dal ceo Philippe Donnet che non ha mai perso occasione sia indirettamente (vedi articoli sul Financial Times o le prese di posizione di Assogestioni) sia direttamente (con unai ntervista a Repubblica) per stigmatizzare l’impianto normativo voluto dal governo Meloni per aprire la governance delle società quotate e «cambiare l’aria» nei salotti buoni.Ieri è stato il presidente delle Generali e della Bocconi, Andrea Sironi, a mettere da parte il suo tradizionale aplomb stroncando nuovamente il testo approvato dai due rami del Parlamento. «Occorre superare le deviazioni dalle migliori pratiche interazionali – penso al sostanziale disincentivo alla possibilità per un cda uscente di formulare proposte all’assemblea dei soci per il consiglio futuro», ha detto auspicando la rimozione di «vincoli estranei alle best practice internazionali, per di più di dubbia costituzionalità».L’obiettivo è chiaro: aumentare l’intensità della moral suasion nei confronti del decisore pubblico in vista dell’attuazione della delega sulla riforma del Tuf affinché elimini sia i vincoli alla presentazione della lista del board (ok da due terzi del cda e voto nome per nome in assemblea sui componenti della lista che dovranno essere in numero maggiorato di un terzo rispetto all’entità del board) che le prerogative delle minoranze (20% di posti garantiti alle liste con almeno il 3% dei voti e rappresentanza pro quota se superano il 20%). LEGGI TUTTO

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    Eni, il green aiuta i conti. È rivincita con l’Antitrust

    Sono conti con prospettive solide quelli approvati ieri in casa Eni che, nonostante la forte flessione dei prezzi del gas naturale – che ha impattato inevitabilmente sull’utile – porta a casa una forte crescita nelle due divisioni chiave: Plenitude ed Enilive, ovvero le società legate alla transizione energetica dedicate alla produzione di energia rinnovabile e alla mobilità sostenibili che, insieme, hanno ha conseguito 3,32 miliardi di Ebit proforma adjusted grazie alla crescita della produzione (+5%).Inoltre, proprio nel perimetro di Enlive, il gruppo guidato dall’ad Claudio Descalzi si è preso un’importante rivincita apprendendo «con soddisfazione» la decisione del Consiglio di Stato che, dopo quattro anni, ha respinto la tesi dell’Antitrust secondo cui il Cane a sei zampe avrebbe messo in atto una pratica commerciale scorretta ai danni dei consumatori per la campagna pubblicitaria del carburante Eni Diesel+. In particolare, il Garante nel 2020 aveva contestato il beneficio ambientale della componente verde Hvo (biocarburante idrogenato) miscelata nel diesel comminando al gruppo anche una sanzione da 5 milioni.Guardando nel dettaglio ai conti, i risultati del gruppo superano le previsioni degli analisti e le prospettive sono positive, assicura il Descalzi che parla di stime del «flusso di cassa operativo di oltre 14 miliardi» e annuncia un piano di buy-back in aumento del 45% a quota 1,6 miliardi, rispetto agli 1,1 miliardi comunicato a marzo. LEGGI TUTTO

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    Svolta Tesla. Crollano i ricavi, Musk apre alle utilitarie

    I conti trimestrali disastrosi, il nuovo giro di licenziamenti e il rally di ieri in Borsa. Il 2024 di Tesla si è aperto pieno di contraddizioni. La casa Usa ha pubblicato tra martedì e mercoledì i risultati dei primi mesi e, per la prima volta dal 2012, ha registrato ricavi in calo: meno 9% a 21 miliardi di dollari a fronte di 386.810 veicoli venduti. Giù anche l’utile netto, diminuito del 55% a 1,1 miliardi di dollari. Severo il verdetto di Wall Street, dove Tesla ha perso più del 40% del valore da gennaio. Il fondatore Elon Musk (nella foto) ha già comunicato il taglio del 10% della forza lavoro complessiva di Tesla: solo tra Texas, California e New York perderanno il posto in 6.305 dipendenti dal 14 giugno. «Il calo dei volumi – si legge in un comunicato della società – è stato in parte dovuto alla fase iniziale della rampa di produzione della Model 3 aggiornata presso il nostro stabilimento di Fremont e alle chiusure della fabbrica dovute alle deviazioni delle spedizioni causate dal conflitto nel Mar Rosso e all’attacco incendiario alla Gigafactory di Berlino». LEGGI TUTTO

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    Pensione anticipata, come ritirarsi dal lavoro: la guida

    Per ottenere la pensione di vecchiaia nel 2024 è necessario aver raggiunto almeno 67 anni di età e 20 anni di contributi versati. Esiste, però, anche l’opzione anticipata la quale richiede dei requisiti specifici, tra cui avere almeno 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, senza vincoli di età. Ecco come andare in pensione prima del previsto nel 2024.I requisitiCirca i requisiti che servono per accedere alla pensione anticipata specifichiamo che oltre ai contributi obbligatori, vengono considerati validi i versamenti volontari, di riscatto e figurativi. Tuttavia, è richiesta una contribuzione netta di almeno 35 anni. Dopo aver inoltrato la domanda, occorre attendere almeno tre mesi, definito periodo finestra, per ricevere l’assegno pensionistico. Durante questo periodo è consentito continuare a lavorare. A partire dal 2025, la Legge di Bilancio prevede un allungamento progressivo del periodo finestra per i dipendenti statali ex INPDAP: quattro mesi nel 2025, cinque nel 2026, sette nel 2027 e nove nel 2028. Ci sono, però, anche degli altri casi specifici, li elenchiamo di seguito.Lavoratori precociUn caso specifico di pensione anticipata riguarda coloro che hanno iniziato a lavorare all’età di 18 anni. In questa circostanza i lavoratori hanno facoltà di chiedere la pensione anticipata se:hanno almeno 12 mesi di contributi;sono disoccupati e non percepiscono da almeno tre mesi l’assegno di disoccupazione;sono caregiver e assistono persone con handicap o ultrasettantenni con invalidità;sono invalidi almeno al 74%;svolgono lavori usuranti;hanno svolto lavori molto pesanti per almeno 7 anni nell’ultimo decennio o per almeno 6 anni negli ultimi 7 anni.Nel caso in cui non sussistessero le caratteristiche citate i lavoratori potranno andare in pensione nel 2026 dopo aver raggiunto 41 anni di contribuzione previdenziale.Lavori usurantiSono poi inclusi nella categoria di coloro che andranno in pensione in anticipo i lavoratori che svolgono mansioni usuranti. Si tratta di lavoro notturno con turni oppure svolto in ambienti stretti; lavoro produttivo a ciclo ripetitivo come le catene di montaggio; lavoro che comporta la guida di mezzi per il servizio pubblico e trasporto collettivo). In questa circostanza la pensione anticipata è consentita se il lavoratore dipendente ha svolto attività usuranti per almeno 7 anni negli ultimi 10 anni o per almeno metà della vita lavorativa e ha maturato contributi per almeno 35 anni e ha almeno 61 anni e 7 mesi d’età.Il contratto di espansionePer il 2024 è previsto anche il contratto di espansione che riguarda i lavoratori dipendenti delle aziende con almeno 50 dipendenti con l’obiettivo di riqualificare il personale attraverso prepensionamenti e nuove assunzioni. In questa circostanza è necessario un accordo sindacale per l’uscita anticipata dei lavoratori. Il dipendente deve: LEGGI TUTTO

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    Stellantis, stop produzione a Mirafiori per tutto maggio

    Non c’è pace per Mirafiori, sempre più delicata la situazione dello storico stabilimento Torinese. Stellantis ha annunciato oggi ai delegati sindacali che l’attività produttiva della Carrozzeria sarà sospesa per tutto il mese di maggio. La conferma è arrivata da Edi Lazzi, segretario generale della Fiom Cgil di Torino, e Gianni Mannori, responsabile di Mirafiori per la Fiom: “Uno pensa di aver raschiato il fondo del barile e invece non c’è mai fine al peggio”.I rappresentanti sindacali hanno stroncato senza mezzi termini l’ennesimo schiaffone rifilato da Stellantis alle lavoratrici, ai lavoratori e alla città di Torino“che vedrà peggiorare la situazione economica con le inevitabili ricadute sull’indotto”. Lazzi e Mannori hanno evidenziato che questo stop alla produzione è la dimostrazione che un unico modello per Mirafiori non basta: “È troppo poco, serve una diversificazione di modelli e gamme in modo tale che, se uno non tira, è compensato da un altro che va meglio. Inoltre, questa chiusura rende evidente che i reparti di corollario, come il riciclo dei componenti del motore, i cambi ibridi e il testaggio delle batterie non sono determinanti al rilancio di Mirafiori e alla cessazione degli ammortizzatori sociali”.Per Lazzi e Mannori non c’è più tempo, invitando il governo di Giorgia Meloni a incalzare Tavares per aprire una trattativa con le organizzazioni sindacali. Fonti di Stellantis hanno tenuto a precisare che lo stop alla produzione per il mese di maggio alle Carrozzerie di Mirafioriè legata all’assenza di ordini per le vetture elettriche “a causa del perdurare dell’assenza degli incentivi in vari mercati europei, ed in particolare in Italia dove sono stati annunciati da mesi ma non sono ancora entrati in vigore”. LEGGI TUTTO

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    L’Ue approva il diritto alla riparazione, cosa è e come funziona

    Via libera al “diritto alla riparazione”, ma di che cosa si tratta? Il Parlamento europeo ha definitivamente adottato, con una maggioranza di 584 voti favorevoli, 3 contrari e 14 astensioni, la direttiva relativa al “diritto alla riparazione”, che spiega gli obblighi dei produttori riguardo alla riparazione dei beni. Avevamo già parlato della misura quando ancora era solo un’ipotesi. Questa novità ha l’obiettivo di incentivare i consumatori nel far durare maggiormente i prodotti provvedendo ad aggiustarli in ottica sostenibile. Ecco come funziona.Le novitàI produttori di beni di consumo saranno tenuti a garantire servizi di riparazione rapidi ed economici e informare i consumatori dei loro diritti in materia di riparazione. Le merci soggette a garanzia legale godranno di un prolungamento di un anno aggiuntivo, e anche dopo la scadenza della stessa, i produttori saranno obbligati a fornire assistenza per i beni domestici più comuni che sono tecnicamente riparabili secondo le normative dell’Unione Europea, come lavatrici, aspirapolvere e smartphone. Il Parlamento Europeo ha specificato che potrebbero essere incluse successivamente altre categorie di prodotti. Inoltre i consumatori potranno ottenere un dispositivo in prestito durante la riparazione oppure optare per un apparecchio ricondizionato. Si tratta di una novità interessante se pensiamo che i cittadini europei perdono una cifra pari a 12 miliardi di euro ogni anno per sostituire prodotti e dispositivi al posto che ripararli. Lo affermano i dati della Commissione Europea.I beni inclusi nella misuraIn quanto ai “beni di consumo” definiti nella direttiva Ue 771 del 2019 sono soggetti al diritto alla riparazione “qualsiasi bene mobile materiale” e “qualsiasi bene mobile materiale che incorpora o è interconnesso con un contenuto digitale o un servizio digitale”. Sono inclusi nella categoria tutti i dispositivi elettronici e gli elettrodomestici come lavatrici, lavastoviglie, televisori, smartphone. Proprio nell’ottica di un’economia più sostenibile in termini ambientali i produttori e i fornitori di beni di consumo dovranno dare in modo chiaro tutte le informazioni per poter aggiustare il prodotto che riscontra dei problemi a causa di guasti. Il tutto dovrà avere un “costo ragionevole”.I costi e le garanzieIn quanto ai costi questi devono essere “ragionevoli” e dichiarati al momento del conferimento del dispositivo; se non è possibile determinare il costo esatto, deve essere indicata una stima massima. Per quanto riguarda i tempi, il bene riparato deve essere restituito entro 30 giorni. Inoltre se il consumatore opta per la riparazione, avrà diritto a un anno in più di garanzia sul prodotto. LEGGI TUTTO