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Il Budapest Pride sfida i divieti di Orban, da Schlein a Calenda: ecco i politici italiani in piazza
Ascolta la versione audio dell’articoloDalla segretaria del Pd Elly Schlein al leader di Azione Carlo Calenda, dal responsabile esteri di Iv Ivan Scalfarotto fino alla coordinatrice diritti del M5s Alessandra Maiorino. E’ nutrita la delegazione italiana in partenza per il Budapest Pride, evento a cui parteciperanno attivisti e rappresentanti istituzionali di tutti i partiti del centrosinistra compresi Più Europa e Avs. Per l’Alleanza Verdi-Sinistra al corteo che sfiderà apertamente i divieti di Viktor Orban parteciperà un’eurodeputata, ma non – come molti si aspettavano – Ilaria Salis (che è stata detenuta per oltre un anno in un carcere ungherese), bensì la collega Benedetta Scuderi. Che spiega: «Ilaria non ci sarà, sia perché la decisione sulla richiesta di revoca della sua immunità fatta da Budapest è stata rinviata, sia perché Maja, l’antifascista tedesca detenuta in Ungheria è in sciopero della fame e teme, che a causa della sua presenza, possano esserci ritorsioni su di lei».Le minacce di OrbanLa minaccia di “conseguenze legali” per chi parteciperà al Budapest Pride fatta dal primo ministro ungherese non ha fermato le partenze. Anzi, in Italia ha innalzato ancor più il livello delle polemiche in chiave anti-Orban. Più Europa, che parteciperà alla manifestazione con il suo presidente, Matteo Hallissey, riferisce di «un clima intimidatorio che» i suoi «attivisti appena arrivati in Ungheria hanno potuto subito respirare: controlli a tappeto all’aeroporto da parte dell’autorità per scovare qualche pericolosa bandiera arcobaleno. Orban può schierare anche l’esercito ma non fermerà mai la marcia dei diritti», la promessa.Loading…Una donna accende una sigaretta posta su un cartello raffigurante il Primo Ministro ungherese Viktor Orban, durante una manifestazione, dopo che il Parlamento ungherese ha approvato una legge che vieta alle comunità LGBTQ+ di tenere la marcia annuale del Pride e consente una più ampia limitazione della libertà di riunione. REUTERS/Marton Monus Calenda: a Budapest per lo stato di dirittoAlessandro Zan, tra i dem che accompagneranno Schlein alla marcia Lgbtq, sintetizza: «Il problema è lui, che è fuori dalle normative e dai valori europei, non noi che andiamo ad una pacifica manifestazione. Sappiamo che possiamo correre dei rischi ma battersi per la libertà e delle democrazia è molto più importante». Calenda, per mettere le cose in chiaro, è già a Budapest: «Io rispetto lo stato di diritto e la tutela dei diritti delle minoranze che sono a fondamento dell’Europa. Se Orban non le rispetta si accomodasse fuori dall’Europa». Il pride si terrà comunque, scandisce Scalfarotto, secondo cui «non può esserci nessuna violazione di legge per i partecipanti al Pride di Budapest, almeno finché l’Ungheria si conferma dentro l’Unione Europea». «L’arroganza di Orban, che pensa di poter andare contro il diritto internazionale, non ci spaventa», afferma la senatrice e responsabile diritti del M5s Alessandra Maiorino.Il sostegno di Forza ItaliaSilente il centrodestra, fatta eccezione per i forzisti Tullio Ferrante e Isabella De Monte che, all’indomani delle esternazioni di Antonio Tajani sul corteo di Budapest («La manifestazione delle proprie idee è il sale della democrazia”) puntualizzano: «Vietare il Pride è contrario ai valori fondanti dell’UE, un’inaccettabile ed immotivata compressione di libertà», secondo il primo. «Ennesima manifestazione illiberale del Premier ungherese» che fa respirare a Budapest «un clima intimidatorio inaccettabile», per la seconda LEGGI TUTTO
Centrosinistra, perché la manifestazione anti-Nato di Conte segna un solco con il Pd di cui approfitterà Meloni
Ascolta la versione audio dell’articoloUno: «Dare segnali oggi di apertura nei confronti di Vladimir Putin mentre Kiev è sotto le bombe e proprio quando l’Europa dovrebbe serrare le fila nel supporto all’Ucraina è sbagliato» (qui il riferimento è al passaggio della risoluzione del M5s presentata alla Camera in cui si chiede di «non escludere a priori e pro futuro una possibile collaborazione con la Russia» sulla fornitura del gas, passaggio su cui il Pd e financo Avs hanno votato contro) Due: «C’è anche una manifestazione anti Nato del M5S con altri movimenti ma attenzione, perché alcuni di quei movimenti sono filo Putin. Quindi quando Conte precisa di non essere filo Putin ne prendo atto, ma anche i compagni di strada devono corrispondere» (e qui il riferimento è al contro-vertice Nato organizzato all’Aia dal leader del M5s Giuseppe Conte assieme a vari partiti della sinistra euroscettica e al partito rossobruno della tedesca Sahra Wagenknecht).La manifestazione anti-Nato e il warning di Gentiloni: attenzione ai filo PutinIn effetti è un inedito assoluto vedere un ex premier (e Conte lo è stato per più di tre anni la scorsa legislatura) organizzare una manifestazione di protesta contro un vertice della Nato. Eppure tra i dirigenti del Pd l’unica voce che si leva con forza nei media mentre l’evento è in corso è quella di un altro ex premier, Paolo Gentiloni, che ha fatto parte della Commissione Ursula dal 2018 al 2024 come responsabile dell’Economia. Dopo il voto contrario a Montecitorio alla mozione “filoputiniana” degli alleati del campo largo, infatti, l’ordine di scuderia partito da Largo del Nazareno è quello di non sottolineare le posizioni di Conte e di non commentare né attaccare: «Lui vive delle nostre polemiche». Far finta di nulla, dunque, almeno finché si può. Per non rompere i rapporti con il principale alleato alla vigilia di un’importante tornata di regionali (in autunno si vota in Veneto, Toscana, Marche Campania e Puglia), ma anche perché la segretaria del Pd Elly Schlein teme un drenaggio di voti dal Pd al M5s nel bacino “pacifista”.Loading…Il j’accuse di Pina Picierno: quello di Conte è populismo d’accattoLa speranza di sottofondo è che il leader pentastellato faccia il suo gioco di competition interno alla coalizione ma alla fine, quando cioè sarà il momento di costruire la coalizione, si ravveda. Ma fuor di taccuino tra i dem le ultime posizioni di Conte, non più solo contro il Piano di riarmo Ue targato Ursula von der Leyen ma addirittura anti Nato e pro Putin, hanno seminato sconcerto. «La pace non è un disimpegno imbelle – dice al sole 24 Ore l’eurodeputata ultra-riformista Pina Picierno -. Non significa pensare di autoassolversi imbastendo contro-manifestazioni per dire che la Nato è brutta e cattiva: la sinistra capace di governare ai vertici internazionali sta dentro, a negoziare, e non davanti ai cancelli. Quella non è cultura di governo, ma populismo d’accatto».Più lontana l’alternativa: i due pesi e le due misure di MeloniDi certo se la posizione di Conte resterà anche in futuro questa, ossia contro il rafforzamento della Difesa europea e contro la Nato, non si vede come il Pd possa costruire una coalizione credibile per l’alternativa al governo Meloni. E la prima a rendersene conto è la stessa premier, che non a caso usa due pesi e due misure con i partiti d’opposizione nel tentativo di scavare ancora di più il fisso: da una parte bacchetta e pungola Conte ricordandogli che fu proprio lui a siglare l’accordo Nato per l’aumento della spesa al 2% del Pil («firmare impegni e non rispettarli non è il mio modo di fare»), dall’altra apprezza gli interventi in Aula dei riformisti Graziano Delrio e Alessandro Alfieri, critici sulle modalità ma non sul riarmo europeo in sé, e risponde in modo puntuale.Il rischio di perdere il legame col Pse per non perdere quello col M5sE Schlein, che il giorno delle bombe Usa sull’Iran ha tenuto una postura bipartisan telefonando a Meloni? La linea del non spezzare il filo dell’alleanza con il M5s ha fin qui prodotto un risultato a metà: a favore della Difesa comune Ue ma contro il riarmo dei singoli Stati (e senza chiarire come si possa costruire una vera Difesa Ue senza maggiore spesa). Ossia una posizione che distingue il Pd all’interno della stessa famiglia dei Socialisti europei, visto che anche il premier spagnolo Pedro Sanchez tanto citato da Schlein è favorevole al cosiddetto Piano Ursula e discute piuttosto del come e del quanto. Il rischio per il Pd, nato come sinistra di governo, è che per non andare contro Conte e per “inseguire” la stessa fetta di elettorato si ritrovi più sulle posizioni del gruppo Left, fuori dal governo europeo, che su quelle del Pse («e qui non si tratta di perdere il treno per il governo, ma di perdere proprio l’anima», nota più di un riformista). LEGGI TUTTO
Dalla Lombardia alla Sicilia: ecco le inchieste giudiziarie che scuotono la politica alla vigilia delle regionali
Ascolta la versione audio dell’articoloInchieste su sindaci e assessori scuotono la politica locale in tutto il Paese, da destra a sinistra. A partire da Milano, dove il sindaco, Beppe Sala, ha deciso di andare avanti dopo l’indagine a suo carico nell’inchiesta sull’urbanistica. Due le ipotesi di reato contestategli: «false dichiarazioni su qualità personali proprie o di altre persone» e concorso in «induzione indebita a dare o promettere utilità». Le stesse indagini hanno portato la Procura a chiedere gli arresti domiciliari per l’assessore alla Rigenerazione urbana del Comune, Giancarlo Tancredi, (dimissionario) con l’accusa di corruzione, induzione indebita e falso.Anche nel capoluogo piemontese la giunta è a rischio. La procura di Torino ha, infatti, concluso le indagini sul caso Rear, società che si occupa di vigilanza e sicurezza. Otto in tutti gli indagati per reati che, a vario titolo, vanno dalla malversazione all’infedeltà patrimoniale, tra questi anche i dem Mauro Laus, deputato, l’assessore comunale allo Sport e Grandi Eventi, Mimmo Carretta, e la presidente del consiglio comunale, Maria Grazia Grippo. Paolo Mazzoleni, assessore all’urbanistica del Comune di Torino è invece indagato a Milano nelle tante inchieste sull’urbanistica.Loading…Sempre a Nord – Ovest, in Liguria, un’inchiesta per corruzione e rivelazione di segreto d’ufficio riguardanti la sindaca di Genova Silvia Salis, ha coinvolto l’ex assessore comunale alla protezione civile per Fratelli d’Italia, Sergio Gambino. Mentre risale a un anno fa l’inchiesta che vide l’arresto dell’ex governatore Giovanni Toti con l’accusa di corruzione.Sempre al Nord, in Veneto, per il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, è stato chiesto il rinvio a giudizio, insieme ad altri 33 indagati, con l’accusa di corruzione nell’ambito dell’inchiesta ’Palude’ che ha coinvolto il Comune. Stesso reato contestato anche all’ex assessore alla Mobilità, Renato Boraso, ora ai domiciliari. Ancora accuse di corruzione riguardano alcuni amministratori dal Centro al Sud Italia. Recente è il caso dell’ormai ex sindaca di Prato, Ilaria Bugetti, indagata nell’ambito di un inchiesta che ipotizza un presunto scambio di favori tra lei e l’imprenditore tessile Riccardo Matteini Bresci.Nelle Marche, delle ultime ore è, invece, l’avviso di garanzia ricevuto dall’ex sindaco di Pesaro e candidato Pd alla presidenza della Regione, Matteo Ricci, in un’indagine su presunte irregolarità di affidi del Comune. Inchieste anche al Sud, dove in Campania, l’ex sindaco di Sorrento, Massimo Coppola, è stato arrestato in flagranza lo scorso 21 maggio, dopo avere intascato una “mazzetta” da un imprenditore. Già in carcere, il 15 luglio gli è stata notificata una misura cautelare nell’ambito dell’inchiesta sulle presunte irregolarità nell’assegnazione degli appalti a Sorrento. LEGGI TUTTO
È stata scoperta una rete di antiche città in Amazzonia, abitata quando in Europa c’era l’Impero Romano
Caricamento playerUn gruppo di archeologi guidati dal francese Stéphen Rostain ha scoperto i resti di una serie di antiche città nella foresta amazzonica dell’Ecuador, grazie a una tecnologia di telerilevamento basata sul laser e a indagini sul campo. L’articolo scientifico che documenta la scoperta, pubblicato sulla rivista Science, spiega che queste città furono abitate circa tra il 500 a.C. e un periodo compreso tra il 300 e il 600 d.C., più o meno quando in Europa c’era l’Impero Romano.
Appartenevano al cosiddetto popolo Upano, così chiamato dal nome di un fiume che scorre in una regione collinare ai piedi delle Ande: è la più antica società umana amazzonica mai scoperta e studiata. Questi insediamenti infatti hanno almeno mille anni in più dei più antichi trovati in precedenza nell’Amazzonia.
Rostain è un archeologo esperto di antiche civiltà amazzoniche precolombiane, cioè che vivevano in America prima che ci arrivasse Cristoforo Colombo nel 1492, ed è un ricercatore del Centre national de la recherche scientifique (CNRS), l’analogo francese del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) italiano. Aveva iniziato a studiare alcune montagnole del tipo che solitamente nasconde resti di antiche costruzioni nella valle dell’Upano una trentina d’anni fa, ma per molto tempo lui e i suoi colleghi si erano limitati a studiare due siti principali, Sangay e Kilamope, dove sono stati trovati manufatti di ceramica dipinta e incisa.
Le sue scoperte si sono estese dopo che nel 2015 l’Istituto nazionale per il patrimonio culturale dell’Ecuador realizzò una mappatura aerea della valle dell’Upano con un LIDAR, uno strumento che permette di misurare la distanza di oggetti e superfici attraverso impulsi laser e che per questo può essere usato per rilevare la presenza di strutture umane nascoste in una fitta foresta. Grazie alle informazioni ottenute in questo modo gli archeologi si sono accorti che i siti a loro noti erano collegati ad altri, fino ad allora sconosciuti, attraverso una rete di strade. Complessivamente sono stati trovati cinque grandi insediamenti e dieci più piccoli in una zona di 300 chilometri quadrati. Le strade più grandi misuravano 10 metri di larghezza e si allungavano fino a 20 chilometri.
La copertina di Science del 12 gennaio 2024, dedicata alla scoperta della rete di antiche città scoperta in Amazzonia
Sono state trovate le tracce di campi coltivati a mais, patate e manioca (un altro tubero), canali, abitazioni e costruzioni per cerimonie religiose, entrambe realizzate con mattoni di fango, l’unico materiale da costruzione reperibile nella regione. Il gruppo di Rostain ha stimato che nella rete di centri potessero vivere almeno 10mila persone, forse fino a 30mila nei periodi di picco demografico. Sarebbe una popolazione numericamente simile a quella che abitava Londra in epoca romana e capace di organizzare il lavoro in maniera complessa, avendo potuto realizzare una rete urbana di questa estensione.
La scoperta è una ulteriore conferma del fatto che le popolazioni della foresta amazzonica non vissero sempre in piccoli gruppi più o meno nomadi, come si pensava in passato, ma che nella regione si svilupparono anche altri tipi di società prima dell’arrivo degli europei. LEGGI TUTTOElezioni comunali: quando, come e dove si vota. Tutti i comuni alle urne
Ascolta la versione audio dell’articoloSono 117 i Comuni coinvolti nella tornata delle amministrative di domenica 25 e lunedì 26 maggio. Di questi 86 hanno meno di 15mila abitanti, mentre gli altri 31 ne contano di più. Ci sono anche tre capoluoghi di provincia (Matera, Ravenna e Taranto) e un capoluogo di Regione, Genova. Nel votare si potrà scegliere un candidato sindaco e una lista, esprimendo fino a due preferenze di genere diverso. Nei Comuni sopra i 15mila abitanti si potrà effettuare il voto disgiunto, in quelli più piccoli no.Quando si vota Domenica 25 maggio i seggi saranno aperti dalle 7 alle 23, mentre lunedì 26 maggio dalle 7 alle 15. Gli eventuali turni di ballottaggio si terranno domenica 8 e lunedì 9 giugno in concomitanza con i referendum. Gli orari saranno gli stessi già previsti per il primo turno, quindi dalle 7 alle 23 e dalle 7 alle 15.Loading…Come si votaSi riceverà una scheda in cui è indicato il nome di tutti i candidati sindaco e, a fianco, le liste che li sostengono. Nelle città al di sotto dei 15mila abitanti, chi prende più voti al primo turno è eletto. La lista del candidato sindaco vincitore ottiene anche i due terzi dei seggi in Consiglio comunale. Nelle città sopra i 15mila abitanti, invece, se nessun candidato ottiene il 50% più uno dei voti validi, si va al ballottaggio tra i due candidati che hanno preso più voti.PreferenzeNei Comuni che hanno meno di 5mila abitanti ciascuno può esprimere una sola preferenza, scrivendo il cognome del candidato consigliere o consigliera che vuole sostenere. Nei Comuni più grandi, da 5mila abitanti in su, si possono esprimere due preferenze. In questo caso però bisogna sempre rispettare la regola dell’alternanza di genere: i candidati votati devono essere un uomo e una donna. Altrimenti, la seconda preferenza scritta viene considerata nulla.Voto disgiuntoAnche per il voto disgiunto c’è una distinzione tra le città più grandi e quelle più piccole. Fino a 15mila abitanti non si può effettuare il voto disgiunto, cioè votare per un candidato sindaco e poi per una lista diversa da quelle che lo appoggiano. Sopra i 15mila abitanti, invece, c’è la possibilità del voto disgiunto. Gli elettori possono scegliere una candidata o un candidato sindaco, e poi votare anche per una lista che non lo sostiene, e anche esprimere le relative preferenze LEGGI TUTTO