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Sfida in Aula su Gaza: Meloni chiama a unità su piano Usa, ma M5s e Avs dicono no
Ascolta la versione audio dell’articoloLa riuscita del piano di Trump per Gaza e le sorti della Flotilla tengono la politica col fiato sospeso. L’appuntamento nell’Aula della Camera è per giovedì con le comunicazioni del ministro Antonio Tajani sulla situazione in Medio Oriente: in quell’occasione i deputati dovranno approvare una o più risoluzioni sul tema che – vista la situazione estremamente fluida – i partiti non hanno ancora chiuso. La premier Giorgia Meloni ha lanciato un appello a un voto unitario sulla mozione sulla Palestina: «Mi piacerebbe che l’Italia votasse votasse compatta per dimostrare che la pace la si vuole davvero» perché «la pace non arriverà perché Landini o Usb indicono lo sciopero» ma «se qualcuno lavora ai tavoli a cui bisogna lavorare a proposte serie e su questo – ha ribadito – davvero mi piacerebbe che lavorassimo insieme». L’invito del governo alle opposizioni è chiaro: «Vorremmo che giovedì in Parlamento tutti insieme sostenessimo questa azione di pace, non dividiamoci», ha affermato anche il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani. Il centrodestra giorni fa aveva preannunciato un documento con il riconoscimento della Palestina condizionato all’esclusione di Hamas dal governo della Striscia e al rilascio di tutti gli ostaggi.Aperture dei centristiNella minoranza parlamentare, aperture sono venute dai centristi. Il leader di Azione Carlo Calenda ha sposato la tesi di Meloni: «ritirare le mozioni» dei diversi gruppi e «dire che il Parlamento italiano insieme sostiene il piano» di Trump «come una via di uscita. Sarebbe un atto di responsabilità». Ma il resto del centrosinistra ha respinto l’appello. «Sul piano Trump-Blair sono favorevole – ha aperto Matteo Renzi -. Vediamo. Decideranno i capigruppo».Loading…Conte: non ci sono presupposti per voto compatto su Gaza M5s e Avs sembrano invece granitici nel proseguire per la loro strada. «È davvero ardito chiedere un voto compatto su una risoluzione sulla Palestina dopo che un governo, una maggioranza, ha finto di non vedere un genocidio, 20.000 bambini uccisi. Direi che non ci sono i presupposti per un voto compatto» ha dichiarato il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, stamani all’Università della Calabria a Rende, risponde all’appello lanciato ieri dalla premier Giorgia Meloni ad un voto unitario in Aula domani sulla mozione sulla Palestina.Avs: no a Meloni. Lavoriamo a risoluzione con Pd e 5s Sulla stessa lunghezza d’onde Avs. «Ogni volta Meloni fa proposte senza che ci sia un testo. Noi stiamo lavorando con le opposizioni e in particolare Pd e M5s alla risoluzione unitaria. Ci sono rispetto al piano Trump elementi di valutazione che riguardano tutti ma ci sono impegni rispetto ai quali non vogliamo arretrare. Giro a Meloni la domanda: il governo è pronto a riconoscere senza condizioni lo stato palestinese?». Così il leader di Avs Nicola Fratoianni durante un punto stampa fuori da MontecitorioCautela del PdIl Pd si muove con cautela: «Seguiamo con attenzione il negoziato” e “auspichiamo che si giunga al più presto a un accordo che ponga fine alle atrocità e ai crimini commessi a Gaza e in Cisgiordania”, commenta il responsabile Esteri Peppe Provenzano. L’ala riformista dem, per voce di Alessandro Alfieri, invita ad osare di più: «Oggi non è in discussione che cosa pensiamo di Trump o dei dettagli di quel piano, ma la possibilità di verificare se c’è una possibilità concreta di porre fine ad atroci sofferenze e ad una tragedia devastante», «se c’è» va «sperimentata». I democratici si riuniranno per definire la linea a ridosso dell’appuntamento con le comunicazioni di Tajani e allo stato non si sbilanciano: «Non abbiamo visto nessun testo». Salvo intese bipartisan più ampie, il centrodestra potrebbe decidere di chiedere il voto per parti separate sulla sua risoluzioni per insinuarsi nelle posizioni diverse delle opposizioni LEGGI TUTTO






Campo largo, Schlein rilancia la «Mamdani tax» sui superpatrimoni ma Conte frena
Ascolta la versione audio dell’articolo«Siamo in totale emergenza, per le imprese, le famiglie e una emergenza sicurezza. Sono tre emergenze che vanno risolte con la legge di bilancio. La soluzione può essere anche una super-patrimoniale, ma se andiamo a cubare, io l’ho valutata quando ero premier, non è risolutiva. Questi patrimoni super tassati non daranno grandi risorse per risolvere le emergenze». Lo scetticismo che non ti aspetti sulla patrimoniale arriva dal leader M5s. Nell’intervento odierno all’Aria che tira, su La 7, Giuseppe Conte è stato ancora più cauto dei mesi scorsi quando parlò della necessità di «lavorare a livello globale per introdurre forme di tassazione che contrastino in radice il capitalismo parassitario, ma in modo intelligente» senza far scappare gli investitori e quindi «a livello globale o in una dimensione quanto meno europea». Conte, sui temi del fisco e dell’immigrazione, si pone a “destra” del Pd di Schlein. Una profilo “moderato” che potrebbe tornare utile per intercettare consensi in vista delle possibili primarie di coalizione per scegliere il candidato progressista in vista delle elezioni politiche del 2027Landini insiste: prelevare 1% ai 500.000 italiani ricchiEppure la patrimoniale, dopo che il neosindaco socialista di New York Zohran Mamdani ha lanciato la proposta di aumento del 2% dell’imposta sul reddito cittadino per chi guadagna oltre 1 milione di dollari (per finanziare le misure sociali promesse per i redditi medio bassi) è sempre più d’attualità a sinistra. Il tema è molto caro ad Avs, che vorrebbe la patrimoniale anche solo in Italia. Ed è stato rilanciato oggi dal segretario della Cgil, Maurizio Landini, che parlando al Palasport di Firenze nell’assemblea coi delegati riuniti sulla legge di bilancio (con tanto di sciopero generale proclamato per il 12 dicembre), ha ricordato: «Abbiamo avanzato una proposta, un contributo di solidarietà che riguarda l’1% dei cittadini italiani. Stiamo parlando di 500mila persone che sono ricche: stiamo dicendo che, per chi ha una ricchezza superiore ai 2 milioni, basterebbe un loro contributo al fisco di un 1% per poter avere 26 miliardi da investire nella sanità, per le assunzioni, sulla scuola, per aumentare gli stipendi a tutte le persone»Loading…Schlein: a favore di un tassazione europea sui miliardariPiù cauta sul punto la segreteria dem Elly Schlein, che ha ribadito la sua idea di una tassazione europea. «Siamo a favore di un tassazione europea sulle persone che hanno milioni a disposizione, sui miliardari. A livello europeo, perché i capitali viaggiano molto più velocemente delle persone, per le quali invece si costruiscono muri. A livello italiano, prima di arrivare alla discussione europea, si può fare un ragionamento diverso: le tasse su lavoro e impresa sono più alte di quelle sulle rendite. Perché non lavoriamo lì?».Sondaggio Izi: 84% italiani a favore di una Mamdani taxSta di fatto che secondo un sondaggio realizzato da Izi, azienda di analisi e valutazioni economiche e politiche, la stragrande maggioranza degli elettori italiani, quasi l’84%, sarebbe favorevole all’introduzione di una imposta sui super patrimoni. Quella che è stata ribattezzata la “Mamdani tax”, ossia una tassa sui patrimoni superiori ai 10 milioni di euro, è dunque un provvedimento di redistribuzione della ricchezza che convince la stragrande maggioranza degli italiani, a prescindere dall’orientamento politico. Andando poi a vedere le scelte degli elettori secondo il voto, il risultato si discosta leggermente dalla media : tra coloro che si riconoscono nei partiti di governo l’81,4% è favorevole alla patrimoniale , mentre tra chi vota i partiti di centrosinistra (Pd M5S avs) l’84,5% dice sì alla tassa sulla ricchezza. LEGGI TUTTO






Elezioni regionali Campania, oggi urne aperte dalle 7 alle 23: i candidati e come si vota
Per le elezioni regionali in Campania si vota oggi, domenica 23 novembre, dalle ore 7 alle ore 23 e domani, lunedì 24 novembre, dalle ore 7 alle ore 15. Gli scrutini iniziano subito dopo la chiusura dei seggi. Per poter esercitare il diritto di voto, gli elettori devono presentarsi al seggio di riferimento con scheda elettorale e documento di riconoscimento valido.
Il sistema di voto
Viene eletto presidente il candidato che ottiene il maggior numero di voti validi. Non c’è, quindi, una percentuale da superare e non è previsto un turno di ballottaggio: in altre parole, vince il candidato che ottiene più voti validi degli altri. Il presidente eletto diventa, di diritto, componente del Consiglio regionale. Anche il secondo candidato alla presidenza più votato entra di diritto in Consiglio regionale.
Come si vota
Il voto per eleggere il presidente di Regione e il Consiglio regionale si esprime sulla stessa scheda, di colore verde. La scheda è divisa in parti uguali: a sinistra ci sono i simboli della lista o delle liste collegate a ciascun candidato presidente, mentre a destra sono indicati i candidati presidente. Accanto a ogni lista è riportato lo spazio per esprimere le preferenze per i candidati consiglieri regionali. Gli elettori possono votare in diversi modi: ciascun elettore può votare solo per il candidato presidente tracciando un segno sul nome (in questo caso il voto non si estende ad alcuna delle liste collegate); l’elettore può tracciare un unico segno sulla scheda a favore di una lista (in tal caso il voto s’intende espresso anche a favore del candidato presidente collegato a quella lista); ciascun elettore, inoltre, può, votare per una lista e per un candidato alla carica di presidente non collegato alla lista prescelta (è il cosiddetto voto disgiunto).
Le preferenze
Nelle apposite righe della scheda, l’elettore può anche esprimere uno o due voti di preferenza: in questo caso deve scrivere almeno il cognome del candidato o dei due candidati consiglieri prescelti, compresi nella lista stessa. Attenzione però: nel caso in cui l’elettore decidesse di esprimere due voti di preferenza, una deve riguardare un candidato di genere maschile e l’altra un candidato di genere femminile della stessa lista, nell’ordine che si preferisce. Se le due preferenze riguardano candidati dello stesso genere o di due liste diverse, c’è l’annullamento della seconda preferenza. LEGGI TUTTO





Ok della Camera a nuove norme sulla violenza sessuale
Ok della Camera a nuove norme sulla violenza sessuale | Video Sky TG24 LEGGI TUTTO






Prodi: «Il centrosinistra? Speriamo non gli prenda la bertinottite». L’ex leader Prc: «Se l’è legata al dito»
Ascolta la versione audio dell’articolo Dopo le sue critiche al «centrosinistra che ha voltato le spalle all’Italia», c’è stata anche una telefonata di chiarimento con la segretaria del Pd? «Sì, Schlein mi ha chiamato. Ci siamo sentiti spesso nelle ultime settimane. Ho ribadito quanto sostenuto in pubblico. La mia preoccupazione è che una parte dell’elettorato si allontani dal centrosinistra perché ritiene che dall’opposizione arrivi una lettura troppo ristretta della società, non sufficiente per un’alternativa concreta di governo». Sono alcuni passaggi dell’intervista al Corriere della Sera del fondatore dell’Ulivo Romano. L’ex premier ed ex presidente della Commissione Ue ha poi ragionato sulla tenuta del campo largo. Lo ha fatto rimarcando che «nella mente di Conte non è ancora definito quello che lui pensa sia il suo ruolo». Poi l’affondo: «Se il centrosinistra uscirà vincitore dalle politiche auguriamoci che non gli prenda la bertinottite. Alla fine uno dei due leader, tra Schlein e Conte, dovrà riconoscere che l’altro ha vinto. Ma prima, ben prima, occorre un modello di coalizione ampia, con un programma capace di intercettare una platea che vada oltre gli attuali confini».«Bertinottite? E’ un’ossessione…» ha replicato Fausto Bertinotti, ex leader del Prc, intervenuto a L’Aria che Tira replicando all’intervista di Prodi che lo chiamava in causa. Prodi se l’è legata al dito? «Io no, lui sì», ha risposto. «Se ci siamo sentiti? Qualche volta, rarissimamente. Non è un grande calore…». «Ma visto che so che Prodi ha rapporti confidenziali con gli Stati Uniti – ha suggerito ironizzando anche su un altro passaggio dell’intervista che riguardava il neo sindaco di New York – gli direi che invece di avere l’incubo di Bertinotti, abbia il sogno di Mamdani e vada a vedere con quale programma ha vinto».Loading…Nel 1998 Rifondazione comunista, guidato da Bertinotti, ha votato contro la manovra finanziaria per il 1999, ritenendo inaccettabile l’impianto sociale e chiedendo correzioni a favore dei poveri e contro le disuguaglianze. Il 9 ottobre 1998, il governo Prodi I cadde dopo aver perso una questione di fiducia alla Camera dei deputati (312 voti favorevoli, 313 contrari), proprio perché il Prc aveva ritirato il suo appoggio esterno. LEGGI TUTTO



