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    Il “metodo Wim Hof” funzionicchia?

    Caricamento playerDa molti anni Wim Hof si immerge nel ghiaccio ogni volta che può. Dice che lo aiuta a stare meglio, a concentrarsi, a meditare e a compiere imprese sportive decisamente fuori dal comune. Hof ha elaborato un “metodo” che porta il suo nome, molto conosciuto grazie ad articoli, documentari e alla sua presenza sui social network, ma da anni ci si chiede se le cose che fa servano davvero a migliorare la salute e se abbiano una base scientifica. Un’analisi pubblicata di recente sugli studi condotti finora su Hof e il suo metodo dice che forse qualche beneficio c’è, ma che servono ricerche molto più approfondite e su un maggior numero di persone per trarre qualche conclusione.
    Wim Hof è nato nei Paesi Bassi nel 1959 e dice di essersi appassionato all’acqua fredda, molto fredda, quando aveva diciassette anni e praticava già yoga, karate e meditazione. Passeggiava nelle vicinanze di un canale e decise di immergercisi, trasformando poi quel primo esperimento in un’abitudine quotidiana accompagnata dal perfezionamento di tecniche di respirazione. Lavorò per un certo tempo come guida per escursionisti sui Pirenei e intanto sviluppò quello che sarebbe diventato noto come “metodo Wim Hof” e che lo avrebbe reso famoso come “The Iceman”, cioè l’uomo di ghiaccio.
    Oggi quel metodo è diventato la base per gli affari di Innerfire, una società in cui lavorano alcuni figli di Hof e che promuove le pratiche legate alle immersioni nel ghiaccio e in generale all’attività sportiva compiuta al freddo. I principi cardine del metodo sono: un particolare tipo di respirazione che prevede fasi di iperventilazione, il ricorso a docce e bagni freddi o meglio ancora gelidi, oltre a cicli di meditazione per controllare emozioni, impulsi e pensieri.
    Innerfire offre piccoli corsi gratuiti fino a esperienze più articolate che costano alcune migliaia di euro, talvolta con la possibilità di farle direttamente insieme a Hof. La società vende inoltre molti prodotti legati al metodo: libri, magliette e costumi tecnici, ma non mancano infradito e altri oggetti che non hanno molto a che fare con il metodo in sé. Grazie alle attenzioni da parte dei media che ha raccolto negli anni, Hof non ha molto bisogno di farsi pubblicità: spesso il suo canale Instagram con oltre 3,5 milioni di iscritti è più che sufficiente.
    Da sempre Hof sostiene che il suo metodo abbia chiaramente qualcosa di scientifico e il sito di Innerfire riflette questa convinzione, con intere sezioni dedicate ai benefici del sistema, talvolta con dichiarazioni che paiono per lo meno esagerate per i più scettici. Il metodo viene indicato come una possibile soluzione per migliorare le prestazioni sportive o le condizioni di chi soffre di malattie come dolore cronico, sclerosi multipla, artrite, asma e varie malattie autoimmuni. Proprio per contrastare le critiche, Hof ha in più occasioni detto di essere disponibile a farsi studiare e a mettere alla prova il proprio metodo, cosa che effettivamente negli anni è stata fatta, seppure con iniziative sporadiche e poco sistematiche.
    Incuriositi dalla storia di Hof e dalle tante cose difficili da verificare che si sentono sul suo metodo, due ricercatori dell’Università di Warwick (Regno Unito) hanno svolto un’analisi degli studi condotti finora sul metodo Wim Hof. La prima cosa che hanno notato è che la qualità delle ricerche disponibili è «molto bassa, di conseguenza tutti i risultati devono essere interpretati con cautela», come scrivono nel loro studio da poco pubblicato sulla rivista scientifica PLOS One.
    La revisione ha riguardato otto studi clinici controllati randomizzati, cioè svolti con diversi accorgimenti per ridurre il rischio di distorsioni e preconcetti. Studi di questo tipo sono considerati tra i più affidabili per verificare l’efficacia di un trattamento, ma devono essere comunque condotti su una quantità significativa di partecipanti per avere una certa rilevanza statistica. Il gruppo di ricerca ha segnalato che nella maggior parte di quegli studi le persone coinvolte erano relativamente poche (tra 13 e 40, per lo più di sesso maschile) e quindi poco rappresentative per dedurre informazioni che riguardino la popolazione in generale.
    Gli studi svolti in passato non avevano inoltre messo direttamente a confronto la pratica di immergersi nell’acqua ghiacciata con altre attività fisiche, come il nuoto, la corsa oppure la pratica della meditazione in condizioni meno gelide quando si fa normalmente yoga. Non ci sono quindi elementi per sostenere quale caratteristica del metodo Wim Hof porti a un eventuale beneficio rispetto ad altri tipi di pratiche.
    Il lavoro di ricerca svolto all’Università di Warwick ha comunque indicato che il metodo potrebbe in alcune circostanze ridurre i livelli di infiammazione nelle persone sane o con determinate malattie, anche se non è completamente chiaro in che modo. Un’ipotesi, emersa dagli studi analizzati, è che la pratica di immergersi nell’acqua gelata porti a una maggiore produzione di adrenalina, una sostanza molto importante nella gestione di numerose attività fisiche e per la reattività stessa dell’organismo. L’adrenalina innesca reazioni che possono influire sull’attività del sistema immunitario, coinvolto nei meccanismi di infiammazione.
    Per quanto riguarda un’altra delle affermazioni principali di Hof, e cioè che il suo metodo migliori le capacità quando si fa attività fisica, i risultati sono stati meno convincenti. Il gruppo di ricerca cita una lettera inviata a una rivista scientifica in cui si dava conto di una spedizione condotta da Hof su una montagna raggiungendo in due giorni quote molto alte, senza praticare i classici 4-7 giorni di acclimatamento per abituare l’organismo alle diverse condizioni di pressione e rarefazione dell’aria. La lettera indicava questo risultato come una dimostrazione dell’efficacia del metodo, ma non era stata sottoposta a revisione e aveva comunque riguardato un gruppo molto ristretto di persone, senza che ci fosse un gruppo di controllo.
    Nelle conclusioni dell’analisi, i due ricercatori scrivono che il metodo «potrebbe produrre effetti immunomodulatori promettenti, ma sono necessarie ricerche di maggiore qualità per dare sostanza a queste affermazioni». L’analisi indica inoltre che i prossimi studi sul metodo di Wim Hof dovrebbero essere orientati a verificare eventuali benefici per le persone con specifiche malattie, confrontandoli con quelli per le persone in salute.
    Considerate le dichiarazioni a volte eccessive sul metodo Wim Hof, la nuova analisi ha suscitato varie reazioni tra chi studia queste cose e tra appassionati delle immersioni al gelo. Mike Tipton, dell’Università di Portsmouth (Regno Unito), ha detto a CNN che il nuovo lavoro di ricerca dimostra come «gli elementi scientifici sono troppo deboli o parziali per trarre conclusioni su cosa si possa ottenere seguendo il metodo Wim Hof». Di conseguenza dovrebbero esserci maggiori cautele nella comunicazione degli eventuali benefici, considerato anche che per alcune persone che ignorano di avere particolari problemi di salute l’immersione in acqua gelata potrebbe essere rischiosa.
    Negli anni ci sono state alcune iniziative legali nei confronti di Wim Hof, legate a incidenti che secondo le persone coinvolte sarebbero stati causati dall’aver seguito il suo metodo. Alla fine del 2022 i familiari di una diciassettenne morta per affogamento hanno fatto causa a Hof, sostenendo che la ragazza stesse seguendo le tecniche di respirazione suggerite nel suo metodo. Nello stesso anno era stato segnalato un altro caso di affogamento di una persona che aveva iniziato a utilizzare un’applicazione con i consigli di Hof per regolare la respirazione.
    In seguito alla pubblicazione della nuova analisi, Innerfire ha ammesso che sono necessarie ricerche più approfondite per verificare alcune delle dichiarazioni sui benefici portati dal metodo Wim Hof, ribadendo di essere disponibile per collaborare con la comunità scientifica per trovare nuove risposte. LEGGI TUTTO

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    Lo sci e il cambiamento climatico

    Negli ultimi dieci anni un gruppo di scienziati francesi e austriaci ha cercato di capire quale sarà il futuro dello sci in Europa considerate le conseguenze del cambiamento climatico. Il gruppo ha stimato che senza la neve artificiale più della metà delle stazioni sciistiche europee si troverà in condizioni di scarsità di neve un anno su due a meno che non si applichino in tempi rapidi politiche di transizione energetica molto più decise di quelle di oggi. La previsione, spiegata in un articolo appena pubblicato sulla rivista Nature Climate Change, riguarda lo scenario in cui la temperatura media globale supererà di almeno 2 °C quella dell’epoca preindustriale, cioè prima che le emissioni di gas serra dovute alle attività umane causassero l’attuale riscaldamento del pianeta.L’accordo internazionale sul clima di Parigi del 2015 aveva fissato come obiettivo più ottimista 1,5 °C in più rispetto ai livelli preindustriali, e come obiettivo secondario 2 °C. La comunità scientifica ritiene ormai irrealistico il primo obiettivo, perché le politiche di transizione energetica introdotte finora non sono state abbastanza decise. Con quelle attuali, senza ulteriori cambiamenti, si prevede un aumento di 3 °C entro la fine del secolo.Lo studio sulle piste da sci europee è stato fatto innanzitutto perché il turismo invernale legato a questo sport è un importante settore economico per l’Europa: circa la metà delle stazioni sciistiche del mondo si trova nel continente e il 43 per cento delle giornate di sci che vengono praticate ogni anno avviene sulle Alpi.La possibilità di sciare però è legata al clima, prima di tutto perché la neve si conserva sulle piste solo al di sotto di certe temperature. In caso di assenza prolungata di precipitazioni – come quella che c’è stata con la siccità tra il 2021 e il 2023, peraltro legata al cambiamento climatico – la neve può essere assente. Si può rimpiazzarla con quella prodotta artificialmente, che però richiede molta acqua e particolari condizioni di temperatura e umidità nell’ambiente.Il numero di giorni dell’anno in cui le Alpi e altre montagne europee sono state coperte di neve è già diminuito nell’arco dell’ultimo secolo. Erano già state fatte delle ricerche per studiare l’impatto del cambiamento climatico sul turismo sciistico, ma nessuna finora aveva tenuto in considerazione il contributo della neve artificiale e analizzato tutte le montagne europee insieme. Il nuovo studio, che si basa su modelli statistici, ha invece preso in considerazione 2.234 stazioni sciistiche, rappresentative di tutte le montagne europee in cui si scia, e nelle stime ha tenuto conto dell’uso della neve artificiale.Nello studio le condizioni di scarsità di neve sono state definite come quelle medie che si sono verificate nei 6 anni peggiori per la presenza di neve nel periodo considerato, dal 1961 al 1990. Il turismo sciistico si considera ad «alto rischio» se le previsioni indicano che ogni due inverni su cinque ci sarà scarsità di neve.Lo studio parla invece di «rischio molto alto» se è prevista scarsità di neve ogni due anni. Quest’ultima condizione è quella anticipata per più della metà (il 53 per cento) delle stazioni sciistiche europee se si raggiungeranno i 2 °C sopra i livelli preindustriali, senza considerare il contributo della neve artificiale.Se il pianeta si riscalderà di più, e raggiungerà i 4 °C di temperatura media sopra i livelli preindustriali, sarà il 98 per cento delle stazioni sciistiche a essere a «rischio molto alto» in assenza di neve artificiale.Nei due scenari climatici futuri, se si tiene conto del contributo della neve artificiale, le prospettive per la pratica dello sci migliorano: considerando di produrre la metà della neve sulle piste in modo artificiale le stazioni a «rischio molto alto» si riducono al 27 per cento nel caso di un aumento di temperatura media di 2 °C, e al 71 per cento nel caso che l’aumento sia di 4°C. Per produrre la neve artificiale servono però acqua ed energia elettrica, e quindi non è detto che in futuro sarà possibile e raccomandabile procedere in questo modo per garantire la possibilità di sciare.Considerando solo gli Appennini, lo studio prevede condizioni di «rischio molto alto» in tutti gli scenari climatici futuri, compreso quello di soli 1,5 °C sopra ai livelli preindustriali, anche a fronte di un’intensissima produzione di neve artificiale. In sostanza dice che non si potrà più sciare sugli Appennini.Per quanto riguarda le stazioni sciistiche sulle Alpi italiane, che raggiungono altitudini molto maggiori, lo studio prevede invece rischi minori. Nello scenario dei 2 °C non si potrà fare a meno della neve artificiale, ma prevedendo di usarla per innevare solo un quarto delle piste il rischio è «moderato»: solo un terzo degli inverni sarebbe a rischio di scarsità di neve. Già con un aumento di 3 °C tuttavia anche lo sci sulle Alpi risulterebbe molto compromesso e richiederebbe un uso molto maggiore di neve artificiale, che a un certo punto non sarebbe in grado di compensare all’assenza di quella naturale.Queste stime ovviamente sono medie e non riguardano dunque per forza ogni singola stazione sciistica, ma nel complesso non sono positive per la pratica dello sci. Lo studio non prevede «la fine immediata del turismo sciistico in Europa», ha detto uno dei suoi autori, il climatologo Samuel Morin, ricercatore di Météo-France e del Centre national de la recherche scientifique (CNRS), l’analogo francese del Consiglio Nazionale delle Ricerche italiano: «ma condizioni sempre più difficili per tutte le stazioni sciistiche, alcune delle quali arriveranno, nel giro di qualche decennio, a un’offerta di neve criticamente bassa per poter operare come oggi».– Leggi anche: Quando potremmo superare il limite di 1,5 °C? LEGGI TUTTO

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    ”Con Belen un amore acerbo e immaturo, ma il più importante”: Marco Borriello parla della famosa ex e svela in che rapporti sono oggi

    L’ex calciatore ora single rivela: “In futuro vorrei lasciare il mio Dna, un figlio è importante”
    A 40 anni in una donna non cerca solo l’aspetto estetico, ma pure…

    Marco Borriello, 41 anni il prossimo 18 giugno, single, si mette a nudo. In una lunga intervista al Corriere della Sera parla non solo di sport, ma anche della vita privata. Quando gli si chiede del suo rapporto con le donne, da sempre considerato un playboy, rivela: “Le mie relazioni fisse si contano sulla punta di una mano. Belen l’amore più importante”. Lo sportivo spiega perché e svela in che rapporti è oggi con la showgirl.
    ”Con Belen un amore acerbo e immaturo, ma il più importante”: Marco Borriello parla della famosa ex e svela in che rapporti sono oggi
    Insofferente, da sempre a caccia di nuove emozioni, Marco dice: “Per stare bene non ho bisogno di lussi sfrenati, però devo avere la possibilità di fare sport, vedere gli amici, andare in un bel ristorante, essere nella natura. Poi se c’è l’opportunità di godere di un po’ di cultura è il massimo”. Non gli manca non avere una compagna: “Macché, tutte le mattine mi alzo, mi guardo allo specchio e mi dico: ‘ti amo’. Ho avuto storie in passato ma ho scelto me e ho fatto bene. Quando ho voglia e l’occasione mi vivo l’emozione. In futuro vorrei lasciare il mio Dna, un figlio è importante”.
    Borriello dei giocatori, che spesso mettono su famiglia a poco più di 20 anni, sottolinea: “Si sposano giovanissimi e poi partono i tradimenti. Scoppiano tutti, restano i figli che sono la cosa più bella. Sarò anche egoista ma resto coerente con la vita che voglio avere”.
    L’ex bomber, al contrario di quanto si pensi, quando ha avuto una fidanzata non ha mai tradito. Quando gli si chiede quante donne abbia avuto, però, svela: “Non sono il tipo che con le donne fa ginnastica e conta. Le relazioni fisse si contano sulle dita di una mano. Poi ho avuto grandi passioni che non necessariamente sono finite sui giornali di gossip”.
    Il 40enne e la 38enne sono stati insieme dal 2004 al 2008
    Su Belen Rodriguez, uno dei suoi legami più duraturi, Marco confida: “E’ stata una storia d’amore acerba, immatura, fra due ragazzi. Se ci incontriamo a Milano la abbraccio, è una ragazza solare e divertente. Comunque è stata la relazione più importante della mia vita, è durata quattro anni e mezzo”.
    Borriello ora quando vede una donna ha ben chiaro cosa cerca: “L’aspetto estetico è il primo che mi colpisce. Ma in questa fase conta anche il fattore cerebrale”. In questo momento però pensa “più a conquiste immobiliari e finanziarie che a quelle sentimentali”.
    L’ex attaccante ha trovato casa a Ibiza. Sul suo patrimonio rivela: “A 18 anni prendevo 2000 euro al mese, poi certo dopo molto di più. Credo di aver guadagnato 30 milioni. Non mi sono fatto mancare niente, ho avuto una vita costosa e dispendiosa ma sono riuscito a salvare il patrimonio. In tanti quando mi vedono dicono: ‘Beato te’. Guardano la villa, la vista sul mare. Ho scelto uno stile di vita alto, ma devo lavorare per mantenerlo, mica sono nato ricco”.
    Lo sportivo ora cura personalmente i suoi interessi: “Ho scelto di non avere più padroni. Ho una piccola quota dell’Ibiza calcio: sono consigliere e ambassador del club. Mi piace anche il mondo della finanza e del real estate”.  LEGGI TUTTO

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    Il fratello minore di Stefano De Martino debutta nel mondo della boxe: le foto del 18enne Davide De Martino

    Vince il suo primo incontro e il padre esulta: “Una grande emozione, mi ha ricordato i primi passi di Stefano…”

    Il ragazzo è diventato maggiorenne a luglio: grande festa in famiglia

    Davide De Martino, il fratello minore di Stefano De Martino, appena 18enne debutta nel mondo della boxe e si prende i riflettori. Vince il suo primo incontro, come raccontano le foto condivise sul social, e il padre, Enrico, quasi 59 anni, esulta. “Una grande emozione per me – sottolinea commosso – Mi ha ricordato i primi passi di Stefano nel mondo dello spettacolo”.

    Il fratello minore di Stefano De Martino debutta nel mondo della boxe: le foto del 18enne Davide De Martino

    Davide, che è diventato maggiorenne lo scorso luglio, festeggiando con un grande party in famiglia, sul social si definisce ‘atleta’. Amante del pugilato, sul ring si è scontrato con l’avversario nel campionato regionale di Sant’Anastasia, in provincia di Napoli. A suon di pugni, mostrando già una buona tecnica, ha trionfato.

    Vince il suo primo incontro e il padre esulta: “Una grande emozione, mi ha ricordato i primi passi di Stefano…”

    Il ragazzo è ben allenato da Biagio Zurlo, tecnico della Boxe Vesuviana, molto conosciuto a Torre Annunziata, dove Davide vive con la sua famiglia. Il passato pure il fratello Stefano, 33 anni, ha calcato il ring sempre con lo stesso team, senza però mai gareggiare: lui voleva fare il ballerino e seguire, quindi, un’altra strada. Anche oggi, come racconta sui social, il marito di Belen Rodriguez, conduttore di punta di Rai Due, mette i guantoni e sgancia pugni, solo per hobby però.

    Il ragazzo è ben allenato da Biagio Zurlo, tecnico della Boxe Vesuviana

    Davide è diverso: lui sogna una carriera da pugile. Sui social racconta poco di sé. Ogni tanto sono Stefano o la sorella 28enne Adelaide a svelare la sua presenza, pubblicando foto in cui è immortalato coi propri cari: papà Enrico, mamma Maria Rosaria Scassillo o la nonna, Elisa, scomparsa a 85 anni a febbraio 2021, vittima, purtroppo, di un tragico incidente domestico nella sua casa di Torre Annunziata.

    Davide insieme al fratello Stefano, 33 anni, e la sorella Adelaide, 28: posano tutto con nonna Elisa, scomparsa a 85 anni a febbraio 2021, vittima di un tragico incidente domestico nella sua casa di Torre Annunziata

    Alto, fisico asciutto muscoloso e tonico, volto da ‘scugnizzo’ proprio come Stefano, Davide al momento non sembrerebbe legato ad alcuna ragazza. Sicuramente, però, saranno in tante a contenderselo. LEGGI TUTTO

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    Aurora Ramazzotti incinta si allena fino all’ultimo col pancione: ”Vi farò vedere anche come recupererò dopo il parto”. Le foto

    La 26enne ha deciso di essere protagonista di un progetto per le donne in dolce attesa

    “Il programma di workout inizia adesso e si concluderà dopo la nascita di mio figlio”

    Aurora Ramazzotti incinta di quasi 8 mesi, con il suo pancione sempre più esplosivo, si allena e continuerà a farlo fino all’ultimo istante prima dell’arrivo della cicogna, previsto per la fine di marzo. La 26enne ha deciso di essere protagonista di un progetto per le donne in dolce attesa. Nelle sue IG Stories rivela tutto. “Vi farò vedere anche come recupererò dopo il parto”, confida.

    Aurora Ramazzotti incinta si allena fino all’ultimo col pancione: ”Vi farò vedere anche come recupererò dopo il parto”

     “In questi anni lo sport è stato una costante nel mio modo di comunicare e ci ha anche uniti molto. Abbiamo fatto squadra ponendoci tantissimi obiettivi e motivandoci a vicenda. La gravidanza è un periodo particolare della donna, in cui tutto cambia: il corpo, le abitudini. Sto vivendo questo periodo della vita in continua evoluzione in cui non era detto che ci fosse spazio per lo sport. Parliamo sempre di ascoltare il nostro corpo, ma cosa vuol dire? Concedersi di fare quello che sentiamo sia giusto per noi, anche in un momento che può essere così ‘spaventoso’”, spiega la figlia di Michelle Hunziker ed Eros Ramazzotti. 

    La 26enne, che sta per entrare nell’ottavo mese di gravidanza, ha deciso di essere protagonista di un progetto per le donne in dolce attesa

    Il programma di workout inizia ora e si concluderà dopo l’arrivo della cicogna, previsto a fine marzo

    “Io all’inizio ero terrorizzata, tanto che i primi tre, quattro mesi non ho mosso un muscolo. E questo a cosa ha portato? E’ un po’ come Charlotte di ‘Sex and The City’ che si precludeva la corsa, la sua più grande passione, perché era rimasta incinta e sentiva di dover proteggere questa vita dentro di sé. Piano, piano ho iniziato ad accusare il fatto che non mi muovessi più, non solo a livello fisico, ma anche mentale. Così, quando ho iniziato a sentirmi meglio, ho ripreso. Anzi, dirò di più: è stato uno dei periodi della mia vita in cui mi sono sentita più forte. Lo so che sembra assurdo, ma è così”, continua l’influencer e conduttrice. 

    Aurora quando ha scoperto di essere incinta, ha avuto paura: per circa quattro mesi non ha più praticato sport

    “E’ giusto avere rispetto di questo momento, è giusto ascoltare il nostro corpo ed è giusto fare quel che ci sentiamo di fare, ma se quel che ci sentiamo di fare è muoverci, allora non devono essere le nostre paure a metterci dei freni”, sottolinea Aurora.

    Piano, piano ha ripreso: ora la Ramazzotti è felicissima di averlo fatto

    La Ramazzotti conclude: “Proprio per questo ho voluto sentire la mia famiglia di Nike che già stava preparando degli allenamenti per accompagnarmi in questo viaggio. E’ un progetto di allenamento per le donne in gravidanza che inizia adesso e si concluderà dopo il parto. Vi farò vedere anche come riuscirò a recuperare da questo momento così incredibile, al punto che mi fa strano pure dirlo…”. LEGGI TUTTO