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    Il Pd starebbe considerando l’ipotesi di candidare Ilaria Salis alle Europee

    Il Partito democratico sta considerando la possibilità di candidare Ilaria Salis al Parlamento europeo. L’idea è stata proposta direttamente dalla segretaria Elly Schlein, durante una riunione con i suoi stretti collaboratori prima della discussione ufficiale sulle elezioni europee. Salis, un’insegnante antifascista, è detenuta da oltre un anno a Budapest, in Ungheria, con l’accusa di aver partecipato all’aggressione di alcuni neonazisti durante una manifestazione. Oggi si è tenuta un’udienza in cui il tribunale di Budapest ha respinto la richiesta di passare ai domiciliari in Ungheria presentata dai legali della trentanovenne.

    La discussione sulla candidatura durante un incontro informale di Schlein coi suoi fedelissimi

    Secondo quanto riportato da Repubblica, Schlein avrebbe convocato i suoi più stretti collaboratori prima della riunione sulla lista per le Europee. Durante questo incontro, si sarebbe quindi discusso della possibilità che l’insegnante antifascista possa correre per un seggio a Bruxelles. La segretaria dem non ha poi menzionato questo argomento durante la riunione ufficiale dell’esecutivo del partito, probabilmente per evitare fughe di notizie.  La famiglia Salis, sempre secondo il quotidiano di Largo Fochetti, avrebbe escluso ameno per ora un coinvolgimento politico diretto, anche se un seggio al Parlamento Europeo permetterebbe alla figlia di godere dell’immunità e evitare la detenzione. Su questo punto, Schlein non avrebbe comunque ancora preso una decisione definitiva, chiedendo però ai suoi colleghi di “valutare la questione”.  LEGGI TUTTO

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    Ilaria Salis, Tajani a Sky TG24: “Politicizzare il caso non aiuta”

    Il vicepremier e ministro degli Esteri, ospite a Start, sul caso della 39enne italiana detenuta in Ungheria: “Se si deve trasformare il processo in scontro politico, lo scontro politico non favorisce la signora Salis”. Poi un passaggio sulle tensioni in Medio Oriente: “Siamo favorevoli come governo a un’interruzione dei combattimenti per permettere la restituzioni degli ostaggi in mano ad Hamas e far entrare beni alimentari alla popolazione civile a Gaza”

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    Capo di Stato Maggiore: “Servono 10mila soldati in più”. Il Governo pronto a intervenire

    Il contesto geopolitico è sempre più complesso e minaccioso, è per questo che l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, Capo di Stato Maggiore, ha lanciato un appello urgente per un significativo aumento delle forze armate italiane. Durante un’audizione informale presso le commissioni Difesa ed Esteri di Camera e Senato, Cavo Dragone ha evidenziato la necessità di un incremento di almeno 10mila unità, richiesta che si inserisce in un quadro di crescenti tensioni internazionali, con particolare riferimento alle “Aree Ibride” e ai punti di attrito con la Russia e i suoi alleati.
    “Il limite di sopravvivenza”
    Lo scenario globale, ha rimarcato l’ammiraglio è fortemente compromesso e con le sfide future potrebbe complicarsi ulteriormente, con conseguenze imprevedibili per la sicurezza internazionale. La Nato viene considerata l’unico vero scudo a difesa della libertà e della democrazia. Secondo Cavo Dragone per non farsi trovare impreparati è indispensabile rafforzare le forze armate italiane, “Se penso alla situazione mi metto le mani nei capelli. Abbiamo bisogno di uomini. Siamo assolutamente sottodimensionati”. L’obiettivo è di portare il totale delle forze armate a quota 170mila, cifra che, secondo il Capo di Stato Maggiore, rappresenterebbe comunque “il limite della sopravvivenza”. L’insufficienza di personale è stata presentata come una criticità che limita la capacità dell’Italia di contribuire efficacemente alla stabilità internazionale.

    La guerra in Ucraina

    Parlando poi della crisi in Ucraina, l’Ammiraglio Capo di Stato Maggiore ha sottolineato che “un sano esercizio di realismo ci deve portare a considerare la Nato come il solo e vero scudo di cui disponiamo per difendere la libertà e la democrazia. Il fianco est dell’Alleanza è una priorità e la prima lezione da trarre dalla guerra in Ucraina è che la difesa della libertà è doverosa, necessaria e riguarda tutti. C’è un Paese che combatte per la sua e per la nostra libertà di poter scegliere il proprio futuro”.
    La situazione nel Mar Rosso
    Nel suo intervento, Cavo Dragone ha anche accennato alla nuova missione nel Mar Rosso, denominata “Aspides”, sottolineando l’importanza di un impegno concreto e di un rafforzamento delle capacità militari per far fronte alle sfide attuali e future. L’appello dell’ammiraglio riflette la consapevolezza della necessità di un sano esercizio di realismo nelle politiche di difesa e sicurezza, in un’epoca caratterizzata da incertezze e minacce in continua evoluzione. LEGGI TUTTO

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    Test psicoattitudinali magistrati, Nordio all’Anm: “Non sono invasione di campo”

    Politica
    Magistratura e politica, da Tangentopoli a Nordio: 30 anni di tensioni

    Un crescendo dagli anni ‘90, con l’abolizione dell’immunità parlamentare e il cosiddetto decreto “slava ladri” di Alfredo Biondi, ministro della Giustizia del primo governo Berlusconi. Nel 2010, sempre il governo Berlusconi, ha promosso una riforma della giustizia, nota come ‘legge Alfano’, che ha introdotto alcune disposizioni volte a limitare l’uso della custodia cautelare in carcere

    Le tensioni fra politici e magistratura in Italia vanno avanti da 30 anni, senza soluzione di continuità. Da Tangentopoli, con arresti quotidiani di politici per corruzione, alla separazione delle carriere dei magistrati, sognata da Silvio Berlusconi e ora nel mirino del Guardasigilli Carlo Nordio proprio nel momento in cui un ministro, Daniela Santanchè, è sotto la lente dei magistrati per le sue attività imprenditoriali

    Dai primi anni ’90 in poi, un crescendo. Noti i casi dell’abolizione dell’immunità parlamentare, e il cosiddetto decreto legge ‘salva-ladri’, targato ministro della Giustizia del primo governo Berlusconi, il liberale Alfredo Biondi. Per proseguire con leggi varate dai governi guidati da Berlusconi che in un modo o nell’altro erano considerate – dalle opposizioni e da una parte della magistratura – come strumenti per limitare il potere giudiziario

    Tutti provvedimenti che suscitavano reazioni, come ha fatto ora l’Anm in relazione alla separazione delle carriere, che accusavano il governo di voler imporre limiti e bavagli. Attacchi della magistratura che – era il ragionamento delle maggioranze di allora a guida Forza Italia – si concretizzavano con la giustizia a “orologeria”, indagini ed arresti proprio nelle fasi più “calde” dell’azione riformatrice propugnata dalla politica in materia di Giustizia
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    Da Santanché a Salvini: doppia mozione di sfiducia contro il governo

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaIl caso Santanché agita il governo. La mozione di sfiducia presentata dalle opposizioni contro la ministra del Turismo, alla luce dell’indagine della Procura di Milano sul caso Visibilia, approderà in Aula alla Camera mercoledì 3 aprile, ma potrebbe slittare ancora, complice un ingorgo di provvedimenti. E nel frattempo nessuno nella maggioranza scommette siano esclusi colpi di scena. «Nessuno mi ha chiesto di dimettermi», ha assicurato la ministra, circondata da una certa freddezza nel centrodestra. C’è chi giura che la stessa Giorgia Meloni le abbia chiesto almeno una riflessione, e segnali di pressioni arrivano anche dalla Lega, anche se il partito di Matteo Salvini ha provato a stoppare queste ricostruzioni con una nota: «La Lega è e resta garantista» e la vicenda che riguarda la ministra «confermerà per l’ennesima volta la compattezza della maggioranza e la piena sintonia tra i leader».Dopo Pasqua anche la mozione di sfiducia al leader della LegaDopo Pasqua, tra mercoledì e giovedì, dovrebbe arrivare in Aula, sempre a Montecitorio, la mozione di sfiducia delle opposizioni al ministro Matteo Salvini, che riguarda i rapporti della Lega con il partito Russia Unita. L’esito di questa votazione non agita affatto il governo. Ben più significative, invece, sono le fibrillazioni per la diversa strategia che in queste settimane stanno adottando il vicepremier e Meloni nella lunga corsa verso le Europee di giugno.Loading…Le schermaglie tra Meloni e Salvini in vista delle europeeMeloni ha colto al balzo la domanda di Mario Giordano a Fuori dal coro su Rete4 sulle «vittime degli effetti avversi del vaccino» per il Covid «che spesso si sentono abbandonate» per dire che «non devono sentirsi abbandonate» perché ci deve essere la «massima disponibilità da parte del governo, per andare in fondo, capire e assumersi per lo Stato italiano» le eventuali responsabilità. Salvini invece ha usato la vicenda della scuola di Pioltello che ha deciso di chiudere per il Ramadan rilanciando l’idea di «un tetto del 20% di alunni stranieri per classe».Linea comune sulla giustiziaNon sono granché dissimili i toni quando i due fanno riferimento ai magistrati. «Una certa magistratura politicizzata» fa «perdere un sacco di tempo» sulle espulsioni, l’attacco di Meloni. «Alcuni portano l’ideologia in tribunale», l’osservazione del vicepremier, che dallo studio di Bruno Vespa assicura «una soluzione equilibrata per taxi e Ncc». Rispondendo a Mario Giordano, la presidente del Consiglio ha annunciato invece a breve una norma sulle liste d’attesa nella sanità, soprattutto per «le regioni che hanno un’alta mobilità passiva. Ossia quando» per curarsi una persona «si deve trasferire e la sua regione paga l’altra».Divergenze sulla politica esteraSi arriva anche alla politica estera e alle Europee. Il leader della Lega conferma il «mai con von der Leyen», ribadisce che «tra Macron che parla di guerra e Le Pen che parla di pace» sceglie «tutta la vita» la leader della destra francese, e conferma di volere il generale Roberto Vannacci in squadra. Parla di Emmanuel Macron anche Meloni, chiarendo di «non aver condiviso» le sue parole muscolari sull’invio di truppe in Ucraina, e di averlo «detto anche a lui». Più degli atteggiamenti, la linea della premier, contano i fatti: «Se non molliamo, costringiamo Putin a sedersi a un tavolo delle trattative per cercare una pace giusta». LEGGI TUTTO

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    Salvini: “Serve un tetto del 20% di alunni stranieri per classe”

    Sul caso della scuola di Pioltello interviene il vicepremier Matteo Salvini che vede come “un arretramento” la chiusura della scuola per la fine del Ramandan e nello stesso tempo, ospite a Porta a Porta su Rai1, propone la quota massima di “un 20% di bambini stranieri in una classe”. Parole che arrivano dopo che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, aveva espresso apprezzamento per il lavoro “che il corpo docente e gli organi di istituto svolgono nell’adempimento di un compito prezioso e particolarmente impegnativo”. In effetti, il pensiero di Salvini diverge da quello di Mattarella. “Non credo che in nessun Paese islamico chiudano per la Santa Pasqua o per il Santo Natale -dice il vicepremier- Finché l’Islam non si darà una struttura e non riconoscerà la parità tra uomo e donna chiudere la scuola mi sembra un pessimo segnale. È un segnale di cedimento e arretramento chiudere per il Ramadan”.

    La proposta

    Salvini poi rilancia una proposta: quella del tetto agli alunni stranieri in aula, già avanzata anni fa, dopo il caso di una scuola romana, la Pisacane, dove intere classi erano composte prevalentemente da bimbi immigrati o figli di immigrati. “Se hai tanti bambini che parlano lingue diverse e non parlano l’italiano è un caos. Bisogna controllare la presenza di bambini. Un 20% di bambini stranieri in una classe è anche stimolante ma quando gli italiani sono il 20% dei bambini in classe, come fa una maestra a spiegare?”, si interroga il ministro. A Pioltello intanto le polemiche non si placano. I genitori degli alunni dell’istituto Comprensivo Iqbal Masih, finito al centro delle polemiche dopo la decisione di chiudere il 10 aprile nel giorno di fine Ramadan, sono divisi tra chi vede la decisione come un segno di integrazione e chi non condivide la scelta. LEGGI TUTTO

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    Terrorismo, Crosetto: “Prepararsi a eventuali cose gravi”

    “Io preferirei non essere preoccupato, ma l’Unione Europea e gli Stati devono prefigurare qualunque tipo di scenario. Penso non succederà nulla di grave, ma dobbiamo prepararci alla possibilità che possano succedere cose gravi, come ci ha insegnato l’Ucraina, magari non direttamente al nostro Paese”. Lo ha detto il ministro della Difesa, Guido Crosetto, a margine delle celebrazioni per i 101 anni dell’Aeronautica Militare a Guidonia. 

    “Contro terrorismo lo Stato c’è”

    “L’Italia affronta la sfida del terrorismo da anni in silenzio. Ogni giorno le forze armate e di polizia combattono il terrorismo. Lo Stato c’è sempre, vigile; questo non significa che il pericolo scompaia, significa che i cittadini devono sapere che lo Stato non si accorge del terrorismo solo quando succede qualcosa, come successo in Russia qualche giorno fa”, ha poi aggiunto il ministro della Difesa.  LEGGI TUTTO